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Sono gli anni '70 e al cinema approdano comici provenienti dalla tv, senza esperienze serie alle spalle, solo cabaret. Uno dei primi fu Enrico Montesano proveniente da “Bagaglino” e da “Puff” insieme ad Alighiero Noschese. Per quanto fossero divertenti in tv, al cinema la formula non funzionava.

 

Renato Pozzetto che in TV ebbe un umorismo rivoluzionario, al cinema non fu così fortunato:

STURMTRUPPEN (Salvatore Samperi, 1976) tratto dal fumetto omonimo, OH, SERAFINA!

(Alberto Lattuada, 1976), una moderna favola ecologista piena di scene audaci e il suo

debutto PER AMARE OFELIA (Flavio Mogherini, 1974).

Lo stesso sarebbe accaduto a Paolo Villaggio se dopo EAT IT di (Francesco Casaretti, 1968) non

si fosse cucito addosso un personaggio, come fece in precedenza Totò, che entrò negli annali

del cinema comico italiano: il ragionier Fantozzi. Il personaggio nacque con il primo FANTOZZI

(Luciano Salce, 1975) seguito da vari film della serie per tutti gli anni '80 e '90. Paolo Villaggio

con Fantozzi rappresenta, in poche parole, l'ultima grande maschera della commedia dell'arte.

Insieme a Fantozzi nacquero negli anni '70 e '80 personaggi come Pierino (interpretato da

Alvaro Vitali) e il commissario Nico Giraldi (Tomas Milian) che appartenevano, specialmente

Pierino, alla commedia trash italiana.

 

 

I FIGLI DEL CABARET

 

I figli del cabaret, anche se di base erano simili, presentavano delle leggere sfumature che cambiavano a seconda del decennio e dell'attore. Negli anni '80 e '90 si sviluppò il cinema “pecoreccio” dato dal tipo di umorismo portato dagli attori che provenivano dalle trasmissioni RAI: un umorismo nuovo, vagamente surreale e intellettuale. Purtroppo la loro caratteristica cinematografica fu quella di volersi e non sapersi dirigere. Si cimentarono nella regia con una certa faciloneria: bravi, divertenti, originali, ma raramente riuscirono a confezionarsi dei film ben riusciti. Carlo Verdone, simbolo della continuità tra le generazioni della commedia e figlio di un critico cinematografico (Mario Verdone), esordì con UN SACCO BELLO (1980) e il film a episodi incrociati BIANCO, ROSSO E VERDONE (1981), poi la sua fissazione diventa la donna e gli orizzonti rimangono piccoli piccoli.

 

Francesco Nuti rimane un buon attore e regista in CASABLANCA, CASABLANCA (1985), ma a partire da TUTTA COLPA DEL PARADISO (1985) cominciò a voler fare tutto da solo e a scadere qualitativamente film dopo film.

 

Luciano De Crescenzo si colloca a metà tra il divertimento amatoriale e la commedia filosofica creando film-conversazione tipo COSI' PARLO' BELLAVISTA (1984).

 

Alessandro Benvenuti riuscì ad essere credibile A OVEST DI PAPERINO (1983) dove il surrealismo, il paradosso, il no sense si sostituiscono alla sceneggiatura, richiamando Beckett e il teatro dell'assurdo, ma pian piano anche lui scese di livello con i film successivi a BENVENUTI IN CASA GORI (1990).

 

Giovanni Veronesi partì con il piede sbagliato già da quando scriveva le sceneggiature per i suoi compari Pieraccioni, Nuti e Verdone.

 

Massimo Troisi si comportò in maniera inversamente proporzionale:

il suo ultimo film PENSAVO FOSSE AMORE, INVECE ERA UN CALESSE

(1991) è il migliore. A confermare il cambiamento qualitativo è

l'omaggio di Michael Redford nel riconoscere a Troisi la co-regia ne

IL POSTINO (1994).

 

Roberto Benigni fu l'unico che in qualche modo si alternò tra pellicole

relativamente di qualità e impacci professionali.

L'esordio come attore in BERLINGUER TI VOGLIO BENE (Giuseppe

Bertolucci, 1977) per passare poi alla regia in TU MI TURBI (1983),

quattordici anni più tardi.

In NON CI RESTA CHE PIANGERE (1984) fondamentale fu la co-regia

con Troisi che però non lo salvò dalle successive latitanti regie.

Tornò a galla quando mise in totale libertà la propria naturale anarchia, riuscendo a confezionare prodotti buoni come LA VITA E' BELLA (1997) che non fu solo un successo di critica ma anche di pubblico divenendo il film con l'incasso più alto mai avvenuto in Italia. L'esperienza da regista finisce con PINOCCHIO (2002), uno dei film più costosi del cinema italiano che riscosse successo tra il pubblico, ma fallì totalmente nella critica, e LA TIGRE E LA NEVE (2003) una profonda riflessione sul senso della vita e sull'amore.

 

 

TRA I DUE SECOLI

 

A cavallo tra gli anni '90 e il nuovo millennio la commedia si “rinnovò” ed emersero nuovi esponenti. Leonardo Pieraccioni fece il botto con IL CICLONE (1996) per poi diventare ripetitivo con FUOCHI D'ARTIFICIO (1997) e imbarazzante ne IL PESCE INNAMORATO (1999) per finire in film superflui, ruffiani, inutili, prodotti da Cecchi Gori per un pubblico italiano coatto.

Antonio Albanese incontrò un forte vuoto registico e i suoi film risultarono senza spessore come UOMO D'ACQUA DOLCE (1997), LA FAME E LA SETE (1999) e IL NOSTRO MATRIMONIO E' IN CRISI (2002). Negli ultimi anni è tornato ad avere più umiltà come attore anche se ha preso parte a film penosi dal tono piuttosto ipocrita.

Aldo, Giovanni e Giacomo realizzarono film alla candid camera con una forte atmosfera amatoriale TRE UOMINI E UNA GAMBA (1997) fino a LA LEGGENDA DI AL, JOHN E JACK (2002).

 

 

IL NUOVO MILLENNIO

 

Nel nuovo millennio la tv troneggiava sulle ceneri del cinema, ormai erano di moda comici televisivi come Maccio Capatonda uno dei componenti della Giallappa's Band TUTTI GLI UOMINI DEL DEFICIENTE (Paolo Costella, 1999), Giorgio Panariello BAGNOMARIA (1999), Piero Chiambretti OGNI LASCIATO E' PERSO (2000), i Fichi d'India AMICI AHRARARA (Franco Amurri. 2001), Luciana Littizzetto E ALLORA MAMBO! (Lucio Pellegrini, 1999), Checco Zalone CADO DALLE NUBI (Gennaro Nunziante, 2009), per non parlare di tutti quei comici evanescenti provenienti da programmi come “Zelig” e “Colorado Caffé”. La loro fine ora non si vede, ma appare chiara nella cultura italiana nell'era della democrazia televisiva.

 

 

 

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Redazione

Manifesto 0, 2012

 

CABARET: DALLA TV AL CINEMA

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