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MANIFESTO 0: THE TECHNICIAN ha un soggetto originale e parla di una storia e di un genere che qui in Italia non viene assolutamente trattato, a parte qualche caso nell'underground. L'idea come ti è venuta?

LUCA CERLINI: L'idea embrionale della storia, ovvero il soggetto alla base di The Technician, non è mia ma dello sceneggiatore Nicola Zurlo. All'interno del percorso delle Scuole Civiche Milano di Cinema era stato prefissato che realizzassimo come esperienza finale un cortometraggio in pellicola 16mm. Una storia breve e 10 rulli disponibili (un totale di 100minuti di girato) per raccontarla...una sfida davvero niente male ! Il gruppo degli sceneggiatori ha presentato circa 15 soggetti a 3 registi, di cui appunto facevo parte, e, nonostante l'alta qualità delle storie proposte, mi sono subito innamorato di "Blue Overall", ovvero la storia primigena di The Technician. Era estremamente diversa e visionaria, ma gli elementi caratteristici, ovvero un protagonista chiuso e solitario che vive in un mondo spersonalizzato e governato dalla tecnologia era subito emersa.

M0: Nel tuo film si parla di drughi in una realtà steampunk. Vi siete rifatti a film come BLADE RUNNER o a registi come Jean Pierre Jeunet?

LC: Tutta l'operazione di The Technican è un omaggio a Blade Runner! Questo è l'anno del suo trentennale e quando l'abbiamo girato avevo bene in mente che sarebbe stato un mio personale "grazie" al film di Ridley Scott. Quando abbiamo iniziato a lavorare sulla sceneggiatura, erano evidenti gli archetipi inconsci che quel film aveva portato nella mia immaginazione cosi come in quella dello sceneggiatore, e quando ci siamo resi conto di ciò mi sono detto: "Beh, giochiamoceli fino in fondo!". Da quel momento la lavorazione è diventata un gioco ad incastri di citazioni e riferimenti, dalle scenografie ai nomi, dai costumi alla fotografia. La cosa buffa è che pensavamo non se ne accorgesse nessuno, a parte appassionati come noi, e invece è stato anche da poco premiato con una menzione d'onore all' I've Seen Films Festival 2012 proprio da Rutger Hauer in persona!
Jeunet invece è stato un punto di riferimento per la creazione dello stile visivo: il regista francese è un'ispirazione costante per come riempie le sue immagini di oggetti, elementi e personaggi meravigliosi ed è quello che timidamente abbiamo provato a realizzare, prendendo spunto principalmente da Delicatssen per la sequenza delle attempate matrone con i loro gigolò robotici.

M0: Nel cortometraggio è tutto ben curato (effetti speciali, scenografie, costumi, fotografia) anche se la produzione viene dai bassi ranghi, ma in Italia questa è la realtà del cinema. Chi appartiene all'underground e all'indipendente realizza prodotti nettamente superiori a quelli fatti vedere nei maxi schermi, chi per originalità, chi per gli aspetti tecnici, chi per innovazione. Credi che ti sposterai all'estero come hanno fatto altri registi che erano nella tua stessa situazione?

LC: L'esperienza estera è sicuramente uno dei traguardi che, come regista, mi sono prefissato. Vedere come si lavora nelle realtà dalle quali provengono i prodotti che mi hanno formato e confrontarmi con esse è credo una delle cose più costruttive che si potrei fare. Ma il mio obbiettivo, almeno a livello teorico, è quello di apprendere per poi riportare qua, nella speranza, forse utopica, di poter dare un contributo al cambiamento che il nostro cinema deve affrontare.

M0: Tu hai 25 anni, sei giovane e appartieni alla generazione nuova, la generazione cresciuta con il digitale e con internet. Molti del mestiere ripongono in questa generazione fiducia. Credi che il sistema cinematografico con le nuove leve possa cambiare?

LC: La realtà del cinema italiano fatico molto a comprenderla, sembra fatta di paradossi. Abbiamo le sale gremite di persone che vanno a vedere grandi opere di fantasia d'oltreoceano e film di genere provenienti dalle più disparate nazioni, anche da quelle con una tradizione cinematografica ben meno nota della nostra, eppure raramente capita che ci sia un'opera tricolore tra queste. Se il mercato denota che determinate tipologie di film generano un grande afflusso di denaro, non vedo perchè non lasciare spazio a progetti di quel tipo, soprattutto quando di commedie/ drammi con famiglie/single alle prese con i drammi/gioie della vita italiota ne abbiamo non solo piene le sale ma anche le scatole, e sono più spesso dimenticati che ricordati, per non dire esportati. Abbiamo qui le capacità, le professionalità e il pubblico pronto per poter affrontare questo cambiamento, in cui le caratteristiche "di genere", "d'autore"  e "d'intrattenimento" non devono essere per forza scollegate tra loro. Lavorando con professioisti della mia generazione, percepisco che dei grandi film sono lì, pronti per essere portati alla luce...ne manca la possibilità purtroppo, ma sono molto fiducioso verso il futuro.


M0: Nel 2010 hai fondato Secret Wood. Vuoi parlarcene un po'?

LC: Secret Wood è un collettivo artistico/casa di produzione che trova i natali all'interno delle Scuole Civiche di Milano. E' nata come esigenza per poter fare gruppo e firmare con entusiasmo i lavori che realizzavamo, un nome sotto il quale riunirsi. Finita l'esperienza scolastica ci siamo affacciati alla realtà e abbiamo cominciato a produrre documentari, videoclip, spot e cortometraggi mantenendo sempre una forte autorialità. Essendo la narrazione per immagini un passione innata e viscerale per me e per tutto il team che compone Secret Wood, non volevamo che diventasse un lavoro nell'accezione negativa del termine, ovvero qualcosa che ci permettesse solo di pagare le bollette: volevamo fare video nostri, con nostre idee e un nostro stile ! Questa era l'illusione e l'avventatezza iniziale, che però poi si è trasformata in realta, andando a creare un team composto da un nucleo di capireparto (regia, produzione, dop, editing e musica) molto affiatato e che ci ha aperto poi la possibilità di collaborare con moltissimi altri giovani del settore.

M0: I lavori realizzati fino ad ora si alternano tra cortometraggi e documentari. Fra i due preferisci il mondo della fiction o il mondo della “realtà”?

LC: Questa è veramente una domanda che mette in difficoltà! Di pancia sceglierei la fiction, avere la possibilità di esplorare il mio immaginario e portarlo a compimento. Le piccole esperienze fatte nella creazione di mondi, creature, outfit, props e culture da portare sullo schermo è a dir poco esaltante e stimolante, credo le esperienze intelletualmente più intense che abbia fatto, ma per farlo servono lunghi tempi e budget, cosa che mal si sposa con la mia immediatezza e ispirazione. DI testa invece sceglierei il documentario, perchè a livello umano è ciò che più mi ha sempre coinvolto: avere un pretesto, una motivazione per entrare dentro vite e realtà che fino a quel momento non conoscevo, per poterle leggere e osservare attraverso la telecamera...spesso le immagini migliori che abbiamo realizzato sono arrivate così, sul momento, durante l'osservazione, abbiamo colto l'attimo che ci si era presentato davanti. Tutto ciò è molto appagante e dona un forte senso di verità a ciò che poi si porta sullo schermo.

M0: Hai già in mente qualche progetto futuro? Credi che seguirai le traccie di THE TECHNICIAN per approfondire questo genere ancora troppo inesplorato?

LC: Nel mio futuro, oltre ai lavori tra videoclip e spot con Secret Wood, c'è la produzione di un lungometraggio. Abbiamo una sceneggiatura, abbiamo gli attori, abbiamo il team, abbiamo anche una casa di produzione che ci sta spalleggiando...ora servono i fondi ! E' un progetto che ci sta molto a cuore, il working-title è "Achab", è la storia di un ragazzo della city che torna tra i monti natii per aiutare il padre dimenticato che sembra aver perso il senno, inoltrandosi nei boschi alla ricerca di una creatura leggendaria delle zone. Durante questa folle caccia ad una credenza per turisti, i due creeranno un rapporto padre-figlio che non hanno mai avuto e scopriranno molte cose strane...siamo entusiasti, la storia ci piace molto e a breve realizzeremo il promo !
The Technician invece sta continuando il suo percorso nei festival, anche se mi piacerebbe molto farne un seguito, con maggiore libertà di regia e maggior tempo, magari girandolo in digitale per avere meno restrizioni...Nicola Zurlo ha già scritto sia il sequel che il prequel, e sono a dir poco folli, magnifici !

M0: A Cinecittà ultimamente c'è stato un periodo di sciopero. Che ne pensi?

LC: Credo che l'idea di smantellare Cinecittà sia assurda, sarebbe come distruggere un monumento..immensi capolavori sono stati realizzati in quel luogo, è un nome che rieccheggia in tutto il mondo, e quando è cominciata l'occupazione temevo che l'esito sarebbe stato dei più infelici. A quanto pare si è intrapresa una trattativa di riqualifica, cosa più che utile e doverosa. Spero davvero che si concluda una volta tanto a favore della cultura e non solamente del denaro...purtroppo viviamo in un momento che ci fa sempre temere il peggio, e la chiusura di una realtà come quella sarebbe l'ennesima riconferma di come stiamo abbandonando il nostro cinema...

Luca Cerlini

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