MANIFESTO 0:
In Italia nelle fiction e nel cinema molti attori dimostrano di non saper recitare con la giusta enfasi e tono. Secondo te, dopo decenni di esperienza, cos'è che un attore deve fare per interpretare al meglio il proprio ruolo?
GUIDO LAURJNI:
La risposta è davvero molto vasta e credo che in realtà ognuno potrebbe darne una sua versione.
Questo perché l’attore, più che gli altri artisti delle varie discipline dello spettacolo, lavora con la
materia più delicata, complessa e mutevole che esista: se stesso e la sua “anima”. Io ritengo che il
primo obiettivo di un attore sia quello di tentare di essere credibile sul set. E’ proprio l’assoluta
disponibilità fisica e mentale che dovrebbe essere alla base dell’interpretazione di un ruolo.
Un'ulteriore considerazione andrebbe aggiunta anche in riferimento al regista che dovrebbe essere
sempre e comunque un “maestro” per poter dare tutte le indicazioni, e a volte perché no anche degli
insegnamenti. Non ci possono essere tutte interpretazioni da Oscar, anche perché molto spesso le
scritture sceniche e le sceneggiature non lo consentono per tutti i ruoli, ma ci dovrebbero essere
sempre buone e credibili interpretazioni: la credibilità credo sia la chiave per una sicura resa in linea
con l’arte dell’attore ed un atteggiamento di rispetto nei confronti della professione e del pubblico.
MANIFESTO 0:
Cosa ti ha spinto a diventare attore? Preferisci il cinema o il teatro?
GUIDO LAURJNI:
Io preferisco sicuramente di gran lunga il Teatro. Amo il rapporto diretto con il pubblico. Amo recitare tenendo sempre in ascolto il mio corpo e le mie emozioni in rapporto all’ascolto ed al pubblico presente in quel momento: non dimentichiamo che la resa di uno spettacolo è fatta al 50% anche dal pubblico, che ne condiziona ed esalta alcuni aspetti, a seconda di che tipo di pubblico è, e a seconda di come lo si tratta; e qui si potrebbero scrivere pagine e pagine sull’argomento…
Amo di più il teatro perché sera per sera, sempre rimanendo nel ruolo e seguendo tutto ciò che si è provato e che il regista ha montato, si può continuare a crescere nel proprio ruolo, si può continuare ad essere vivi perché si vibra in maniera sempre nuova e più consapevole e adeguata ogni volta: o almeno è quello che ogni attore dovrebbe fare!
MANIFESTO 0:
Ti dividi spesso tra l'ambito teatrale e quello cinematografico, ma secondo quali criteri decidi di partecipare ai diversi progetti?
GUIDO LAURJNI:
Ma principalmente essendo la mia professione è evidente che ogni proposta di lavoro deve essere presa in considerazione. Poi però la prima cosa è valutarne la serietà, poi la competenza del produttore ed infine il tipo di lavoro per il quale si viene contattati. Amo le sfide e per questo accetto spesso cose molto diverse tra loro, ma cerco di evitare ciò che non mi piace (sia per tipologia che per proposta) che non mi convince o che ritengo essere scarsamente professionale. Nonostante questo filtro però purtroppo ugualmente capita ogni tanto qualche piccola delusione… Figuriamoci se non ci fosse questo filtro…
MANIFESTO 0:
Negli ultimi anni hai lavorato all'interno di film indipendenti. Quali sono state le tue impressioni? Ti va di citare qualche titolo e di raccontare brevemente le esperienze più strane e interessanti?
GUIDO LAURJNI:
Le mie impressioni devo dire sono state molto buone: forse perché sono stato sia fortunato, ma anche un po’ guardingo. Sono molto empatico nei confronti delle persone e le volte che è capitato non sentissi sintonia o non avessi stima nei confronti di chi mi proponeva il lavoro non ci ho pensato due volte prima di dire no e non accettare: ed è capitato più di qualche volta. Non amo le persone poco chiare e limpide nel lavoro; pretendo la coerenza e la professionalità così come io le offro.
Più che esperienze strane, direi esperienze “stranamente belle e interessanti”.
Per citarne alcuni: il video clip THE YEAR OF THE HUNGER del gruppo musicale
THE MOOR, un lavoro meraviglioso per intensità, bravura, organizzazione e
disponibilità della produzione e della troupe dove è stato davvero bello
interpretare il ruolo dell’umanità derelitta e mezza nuda che giorno per giorno si
nutre di una parte del suo fegato (sede della rabbia e del rancore) che
meticolosamente asporta dal suo corpo quotidianamente.
In linea, e ancora più forte del video Clip, anche DOVE BRUCIANO LE FARFALLE
dove interpretare la follia aberrante e degenerata di un uomo dopo che gli hanno
ucciso la donna è stato assolutamente come vivere, per il tempo di ripresa, in una
specie di limbo infernale e quasi “extraterreno”: meglio che andare in un parco
divertimenti…
O anche ATTACCO ALIENO DALL’INTERSPAZIO di Alessio Gonnella (che ha partecipato al Festival di Cannes di quest’anno nella sezione Cortometraggi), girato in Molise, dove interpretavo il ruolo di un sopravvissuto e girato quasi interamente nelle luci dell’alba, del tramonto, della notte e della pre-alba: per cui abbiamo girato per quattro, cinque giorni di fila le stesse scene, e nelle varie ore differenti, perché la qualità di luce che serviva durava relativamente poco per chiudere la ripresa delle scene. Ci alzavamo perciò tra le 3-4 del mattino oppure andavamo sul set al tramonto per poi ritornarvi dopo una pausa a notte inoltrata per usufruire di una luce fotografica precisa. Abbiamo fatto le ultime 36 ore di ripresa praticamente continuate (con un paio di ore di pausa tra un set e l’altro) per chiudere il lavoro: ma è stato davvero bello ed appagante.
In realtà questi sono solo tre tra i più forti ed intensi lavori di questi ultimi due anni ma in realtà molti altri lavori indipendenti mi hanno divertito e soddisfatto, quali: BLACK OUT The Series di David Valolao, DORIS ORTIZ e CONTATTO FORZATO di Daniele Sartori, GORSCLAH The Legend of Cordelia di Fabio Cento, per citarne solo alcuni...
MANIFESTO 0:
Dopo quello che è successo ultimamente cosa ne pensi del cinema italiano?
GUIDO LAURJNI:
Il cinema italiano è un patrimonio che noi italiani artisticamente e culturalmente abbiamo ereditato negli anni ma che come tutte le cose artistiche di valore e culturalmente alte presenti in Italia tendiamo a distruggere: “non si mangia con la cultura” si sente dire spesso, ma a torto. In realtà più cultura e più arte darebbe più “cibo” (non solo materiale ma intellettuale anche) a tutta la popolazione, perché arte e cultura sono sinonimi di animi onesti, gentili, rispettosi del prossimo e della società e probabilmente le aberrazioni che esistono ormai oggi nell’umanità tutta sarebbero di gran lunga inferiori e perciò i dislivelli sociali e materiali tra coloro che sono sfruttati e che sfruttano sono convinto sarebbero notevolmente ridotti; ne sono certo.
Ma come tutte le cose belle appunto, l’indole italiana di approssimare, di “mistificare”, di atteggiamento amatoriale verso ciò che materialmente non è direttamente tangibile immediatamente, porta a distruggere anche ciò che di bello abbiamo prodotto, ereditato ed esportato.. Pessimista? No! Realista! Ma se non ci fossero spesso delle “arabe fenici” che risorgono e che si fanno vedere e se non avessi speranza che il bello e l’artistico si possano ancora cercare e produrre non avrei scelto di continuare questo mestiere ma forse sarei più appagato a rimanere nel mio “pied à terre” a scrutare l’universo con il binocolo della mia mente:
“Tutti nasciamo nel fango, ma solo pochi guardano le stelle." Oscar Wilde
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