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Il grande Cocomero

Produzione: It./Fr. 1993

Genere: Drammatico
Durata: 102' 

Regia: Francesca Archibugi

Soggetto: Francesca Archibugi

Sceneggiatura: Francesca Archibugi

Produttore: Fulvio Lucisano, Leo Pescarolo e Guido De

 Laurentiis

Fotografia: Paolo Carnera
Scenografia: Livia Borgognoni

Costumi: -
Trucco: -

Effetti: -

Montaggio: Roberto Missiroli

Musiche: Roberto Gatto, Battista Lena

Cast: Sergio Castellitto (Arturo), Alessia Fugardi (Valentina

'Pippi' Diotallevi), Anna Galiena (Cinzia Diotallevi - mamma di Pippi), Armando De Razza (Marcello - papà di Pippi), Silvio Vannucci (Gianni)

 

Premi:

 

  • 1993 - David di Donatello

    • Miglior film a Francesca Archibugi

    • Miglior sceneggiatura a Francesca Archibugi

    • Migliore attore protagonista a Sergio Castellitto

    • Nomination Miglior regista a Francesca Archibugi

    • Nomination Miglior produttore a Fulvio Lucisano, Leo Pescarolo e Guido De Laurentiis

    • Nomination Migliore attrice non protagonista a Alessia Fugardi

    • Nomination Miglior sonoro a Alessandro Zanon

 

  • 1994 - Nastro d'argento

    • Miglior soggetto originale a Francesca Archibugi

    • Miglior sceneggiatura a Francesca Archibugi

    • Migliore produttore a Fulvio Lucisano, Leo Pescarolo e Guido De Laurentiis

    • Nomination Regista del miglior film a Francesca Archibugi

    • Nomination Migliore attore protagonista a Sergio Castellitto

    • Nomination Migliore attrice protagonista a Alessia Fugardi

 

  • 1993 - Globo d'oro

    • Miglior attore a Sergio Castellitto

 

  • 1993 - Ciak d'oro

    • Migliore attore protagonista a Sergio Castellitto

    • Migliore attrice non protagonista a Laura Betti

 

 

Trama:

Valentina, detta Pippi, a seguito di un attacco di epilessia è ricoverata nel reparto di neuropsichiatria infantile del policlinico di Roma. La dodicenne nell’esame con l’encefalogramma non risulta affetta da epilessia organica, la sua sembra essere un’epilessia indotta, psichicamente sintomatica, legata ai conflitti che Pippi ha con i genitori. Quest’ultimi non vanno d’accordo tra loro, spesso si ignorano, stanno insieme solo per non dare dispiacere a lei: senza comunicare veramente.

Arturo, il primario del reparto, è uno psichiatra giovane e benestante, crede nell’importanza della parola e dell’ascolto. Cose necessarie per capire il caso e per mettere in moto una autoterapia sostenuta dall’articolazione dell’inconscio del malato. Fa il suo lavoro con sensibilità e serietà portando la cura anche alle sue estreme conseguenze: sovente impregnate di paradossi conflittuali. Per il suo comportamento, un po’ insolito per uno psichiatra, Arturo rischierà con il padre di Pippi di passare per un medico malato, perverso e con tendenze a sedurre minorenni.

 

Pippi si adatta bene nell’ambiente ospedaliero, ma a seguito della morte in ospedale di una bambina cerebrolesa, divenuta sua amica ha una nuova e forte crisi epilettica. Analizzando questa crisi Arturo riesce ad individuare la chiave che può aprire il caso nelle sue profondità: verso la soluzione. Analizza grazie al dialogo con Pippi il più recente attacco psicotico e scopre che è un sintomo di protesta nei suoi confronti. Come dire che Pippi, forse lungo un suo delirio interpretativo, ha ritenuto in qualche modo lo psichiatra Arturo responsabile della morte della sua amica cerebrolesa.

Lo psichiatra, dopo aver analizzato anche il contesto in cui la crisi epilettica è avvenuta, intuisce la portata di alcuni significanti dell’epilessia apparsi nelle espressioni della ragazza.

Pippi lungo un transfert incorporato con lo psichiatra rivive, subito dopo la morte dell’amica, un vecchio trauma con i genitori. E’ una riedizione violenta che risale al

periodo della separazione affettiva del padre dalla madre. La perdita d’amore tra i genitori ha influito sul suo equilibrio psichico perché è stata in seguito praticamente emarginata: sia dal punto di vista psicologico che educativo. Nel trauma, rivissuto grazie al transfert su Arturo, il padre è di nuovo quello vero; non più il suo sostituto apparso con le sembianze di Arturo presente nel transfert. Come dire che lo psichiatra non riuscendo a salvare l’amica di Pippi non è più riuscito a mantenere la posizione di padre rassicurante: cedendo quindi il posto nell’immaginario di Pippi al padre reale. Arturo capisce quel che è successo e la crisi epilettica avuta da Pippi diventa quindi una risorsa sintomatica che consente all’analista di intervenire con efficacia sul sintomo. Decisivo sarà allora l’intervento di Arturo con i genitori di lei, cui svelerà l’origine dei problemi caratteriali della bambina che non derivano dall’epilessia ma dall’assenza d’amore e di attenzioni venutesi a creare dopo la crisi affettiva dei genitori. Tutto ciò è stato elaborato dall’inconscio della ragazza che ha creato forme caratteriali di difesa ricchi di pensieri giustificatori.

Pippi con l’analisi migliorerà sempre di più il suo stato e diventerà in seguito anche amica di Arturo. Con lui passerà delle giornate nella sua bella tenuta di campagna. E dopo quasi due anni dall’ultima crisi epilettica il suo stato di salute sarà ancora soddisfacente.

 

 

Recensione: 

Originale e importante opera della Archibugi sulla Psichiatria adolescienziale. Lo stile è

particolare per la proprietà di una scrittura che punta prevalentemente sul piacere 

della storia e della verità clinica. Una storia credibile che non delude perché non

rimane mai a corto di tensioni etiche e umane. La sceneggiatura scorre sulla narrazione

più che su uno spettacolo ricercato, a differenza di molti film dello stesso genere.

Il linguaggio visivo si caratterizza per un andamento ritmico ben alternato tra interni

claustrofobici ed esterni ariosi ad ampio respiro ed è intessuto di inquadrature

semplici che danno molta naturalezza al film.

I personaggi-pazienti che si muovono all’interno dell’ambiente clinico vivono di

contrasti ben formulati, alternando frequentemente a emozioni di speranza stati di

rassegnazione poetica.

 

 

 

 

 

Le scene sono sempre ricche di tasselli significativi che vengono ben amalgamati nel racconto lungo il suo filo conduttore: grazie anche a una sintassi molto curata nella forma. Pregevole anche l’equilibrio che l’Archibugi riesce a dare tra le ragioni tematiche e le ragioni spettacolari del film pur avendo rinunciato ad una mirata ricerca dell’aspetto spettacolare.

Il film risulta un po’ datato ma solo per ciò che riguarda le procedure e le tecniche diagnostiche usate nelle cliniche neuropsichiatriche. Tuttavia continua ad essere visto nelle sale d’Essai e in Dvd suscitando, vista la buona classifica di cui gode, un buon interesse.

Il film grazie alle sue idee terapeutiche innovative nel campo delle epilessie risulta anche interessante scientificamente. L’Archibugi elabora un’idea di cinema che tematicamente si colloca, con forti tratti di originalità, vicino al filone storico della comunicazione sociale. Storia sociale che, riprendendo quanto detto all’inizio, solo a tratti confluisce nello spettacolo e quando lo fa ciò accade senza creare scosse: lungo uno stile fluido, sobrio ed efficace. Uno stile che forse è riuscito a rilanciare nel cinema il piacere per il racconto sociale, avvalendosi anche di una scrittura letteraria simile al verismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La pellicola articola in varie direzioni temi importanti tra cui il problema della conoscenza delle malattie mentali. Lo fa proponendo sulle prognosi alcune soluzioni molto credibili in cui l’etica gioca sempre una parte importante. Il film si sofferma inarticolate sulla diagnosi e la cura dell’epilessia. Il racconto aiuta il profano ad individuare la differenza tra l’origine organica e quella psicologica di questa grave malattia e a raffinare le conoscenze sull’intervento atto a migliorarne lo stato.Ma la parte più viva del film sembra dire che nell’epilessia non è sufficiente, seppur importante, capire la differenza tra le cause organiche e psichiche del sintomo, perché in entrambi i casi occorre impostare una terapia supportata dal dialogo seppur con diverse modalità a seconda dei due casi.

L’Archibugi propone qualcosa che al tempo in cui fu girato il film risultava nuovo: riguarda nell’epilessia indotta una cura basata soprattutto su un rapporto umano, autentico tra psichiatra e paziente, dove anche la comunicazione dei reciproci problemi esistenziali può contribuire a trovare una chiave importante per il miglioramento dello stato psichico del paziente.

 

 

 

Recensione a cura di Giordano Biagio

 

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