Il Cinema non è poi così solo
Quando si parla di cinema si pensa a un settore a se stante, staccato da altri settori lavorativi. Tra il mito o meglio il luogo comune il cinema è arte e non lavoro (smentita poi da uno dei Paesi che praticamente si sostiene grazie all'industria cinematografica: la California) e l'essere bonaccione di noi italiani si è finiti per pensare che il cinema è là, lontano dalle nostre vite, lontano dai nostri destini. Ebbene sbagliamo, e sbagliamo alla grande.
Il cinema è parte integrante della nostra vita. Come? E' molto semplice, ma bisogna prima compiere un salto nel passato. Si potrebbe partire dagli albori dell'arte ma si finirebbe in casi specifici che dovremmo spiegare, così partiamo dalla nascita del cinema, in particolare dal divismo, nato in Italia con D'Annunzio. Prendo d'esempio questo fatto perchè per la prima volta un mezzo di comunicazione riuscì a creare modelli di un'ideologia generale della vita. Il loro ruolo e le immagini degli attori sostituirono con forza l'immaginario collettivo a livello internazionale. Questo per dire che potenza aveva di per sé.
Poi, un uomo, caro al nostro Paese prima e meno caro poi, aveva ben capito che il cinema era molto di più di un mezzo di comunicazione, esso poteva diventare un mezzo di controllo. Benito Mussolini con il fascismo compie un'opera di propaganda che tutti i più spietati e crudeli dittatori della storia useranno poi (e che ancora usano!). E già, ancora usano. Ma non sto parlando di governanti del terzo mondo. Eh no, questa volta si parla di nuovo dell'Italia. Si, l'Italia bel Paese, brava gente. Tutti bravi e tutti belli ma quando si tratta di aprire un po' gli occhi si preferisce dormicchiare davanti a quel caro mezzo che noi oggi potremmo proprio definire l'arma più forte!
Cinema e politica si danno la mano o meglio il discorso è leggermente più ampio. Il cinema poverino per conto suo volerebbe libero nelle terre inesplorate dei generi e delle storie ma ai piani alti, dove la visione panoramica di un'Italia in lotta con se stessa si ammira piuttosto bene, pensano bene di catturarlo e farlo schiavo dei propri interessi. Uomini di cinema, uomini di politica, è questo il nuovo legame. Il Neorealismo di suo piange nel ricordare la dura lotta per uscire dalla censura del governo Andreotti e al suo pianto si aggrappano tutti quei cari registi impegnati, nell'Italia del boom cinematografico, a lottare con i film politici contro una politica che già dava traccia di un'acuta inefficacia.
Mi astengo dal fare nomi perchè sono i fatti quelli che contano, ma tanto di cappello a chi progettò il piano dello Stato nello Stato: prima al comando di un'intera rete privata, poi al Consiglio e infine nel cinema con loschi finanziamenti. Un genio che è riuscito a impugnare un Paese e tutti i suoi innocui abitanti. Innocui dal momento in cui hanno finito di fare i cani arrabbiati e hanno preferito il trash televisivo al buon cinema, al cinema che fa pensare, al cinema che fa aprire gli occhi.
Allora perchè isolare il cinema in un settore a sé, quando è l'arteria principale che collega l'economia e la salute dei cittadini allo stretto comando di una politica che ne fa largamente uso manipolando così indirettamente l'intero sistema?
Di Von Chanelly
Manifesto 0, 2012
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