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La Battaglia di Algeri

Produzione: It. 1966

Genere: Drammatico, guerra, storico
Durata: 121' 

Regia: Gillo Pontecorvo

Soggetto: Franco Solinas, Gillo Pontecorvo

Sceneggiatura: Franco Solinas, Gillo Pontecorvo

Produttore: Antonio Musu, Yacef Saadi

Fotografia: Marcello Gatti
Scenografia: Sergio Canevari, Sergio Canevari

Costumi: Giovanni Axerio
Trucco: Maurizio Giustini

Effetti: -

Montaggio: Mario Morra, Mario Serandrei

Musiche: Ennio Morricone, Gillo Pontecorvo

Cast: Brahim Haggiag (Ali La Pointe), Jean Martin (Colonnello Philippe Mathieu), Yacef Saadi (Saari Kader), Samia Kerbash (una delle ragazze), Ugo Paletti (Capitano), Fusia El Kader (Halima), Mohamed Ben Kassen (Omar Yacef),

Premi:

 

  • 1966 - Leone d'oro

  • 1966 - Nastri d'argento

    • Migliore regista Gillo Pontecorvo                                                 

 

  • 1966 - Nomination agli Oscar

    • Miglior Sceneggiatura originale

    • Miglior Film Straniero

    • Miglior Regista

 

 

Trama:

Algeri 1957: il film è incentrato sul sanguinoso scontro tra i paracadutisti francesi del colonnello Mathieu i ribelli del Fronte di liberazione nazionale, asserragliati nella Casbah. 

 

 

Recensione: 

L’opera di Pontecorvo è di un realismo storico acuto, credibile, straordinario per ciò che è riuscito a raccontare avvalendosi del campo visivo. Il regista italiano ha rappresentato quello che da un punto di vista un po’ più immaginario non si sapeva ancora. Un risultato filmico ottenuto grazie a una sceneggiatura sobria e ben impostata guidata da una linea narrativa

chiara ed essenziale. Pontecorvo si è imposto di affrontare la tematica della guerra di indipendenza

algerina con uno sguardo sensibile ma non di parte. Lo ha fatto perciò in un modalità priva di proiezioni

ideologiche, lontano dagli schieramenti politici e da quelle ricerche estetiche che rischiano da sempre di

snaturare la verve narrativa di un artista neoralista.

 

 

Il film prosciugato da ogni forma letteraria e retorica mostra con freddezza ed efficacia uno spaccato

dell’atmosfera e dei fatti di allora che diviene, via via che il film procede, di sempre maggiore credibilità

tanto da coinvolgere lo spettatore su piani emotivi inusuali: come quello ad esempio dell’orrore e

inutilità del colonialismo. Le emozioni e gli interrogativi che il film suscita sono prevalentemente legati

allo stile neorealista dell’opera di Pontecorvo i cui contenuti sono spesso supportati da toni narrativi

iperrealisti: con un evidente piacere di rappresentare e indugiare su molti particolari delle scene.

Il neorealismo suscita emozioni slegate dalla rappresentazione affabulata della realtà.

La rappresentazione in Pontecorvo è finalizzata a far conoscere meglio la realtà non entrando mai in

competizione con essa e portando quindi subito a riflettere sul cuore del problema. Il cinema come

fiction si dissolve e la realtà sembra quasi perforare lo schermo entrando in sala tra gli spettatori.

Rilevanti sul piano narrativo i profili psicologici dei terroristi capi e del colonnello Mathieu. Sono profili

netti, tagliati con l’accetta ma contenenti un vero della situazione che riesce ad essere sempre

drammatico. Un vero animato anche da una passione politica di massa non più contenuta che sfocia, per

una sua logica interna inesorabile, in una tragedia di vaste proporzioni. E’ un vero umano quello del film di Pontecorvo sempre lucido, impregnato di una soggettività politica e sociale che cerca fino all’ultimo istante una soluzione netta al problema avvalendosi di un’intelligenza che sembra aver dimenticato l’amore a ragione e vantaggio della propria sopravvivenza dignitosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tra gli aspetti centrali del film da rilevare anche le tecniche professionali del colonnello Mathieu. Tecniche messe in atto per sconfiggere i terroristi. Esse vengono articolate nei loro aspetti più significativi e spettacolari riuscendo, grazie a un montaggio superbo, a dare il senso sia dell’impegno francese nella vicenda che della portata della posta in gioco internazionale. Gli aspetti più significativi e drammatici di quelle famose pagine storiche di guerriglia vengono tradotte con immagini-pensiero che risultano di grande penetrazione e forza provocatoria. Notevole è infatti la polemica e la critica internazionale che esse hanno suscitato portando addirittura a scelte drastiche e discutibili: come la decisione delle autorità francesi di proibire l’uscita del film in Francia. La portata simbolica del film è tutta esterna alla logica del botteghino, il film rimane fedele a uno stile che non manipola la storia ma la riporta a quello che è stata tramite una rigorosa memorizzazione dei fatti e una scrupolosa ricerca. Se qualcosa di soggettivo riguardante l’opinione dell’autore traspare nel film esso si perde nelle maglie fitte di una sceneggiatura che cura fino all'ossessione la precisione storica e i profili psicologici dei personaggi. “I terroristi islamici sono organizzati come la fisionomia del verme Tenia, che è composto da infinite diramazioni. Per distruggerlo bisogna tagliargli la testa ”, questa metafora del colonnello Mathieu dà l'idea di cosa occorreva fare ad Algeri per sconfiggere il terrorismo: tagliare le diramazioni a gerarchia piramidale dell’organizzazione partendo dalla testa di comando.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Film di ricche inquadrature a primo piano dove dominano volti seriosi ma coinvolgenti per le emozioni che li animano. Visi che spesso suscitano incubi di morte, paure, ma anche speranze di sconfiggere la dittatura francese. Sguardi sconosciuti e stranianti: nessuno sembra un attore, gli sguardi sono sempre fedeli a ciò che sta realmente per accadere. Notevoli le scene delle masse in movimento. Masse sconvolte ed eccitate da uno spirito di rivolta ormai non più contenibile. Si muovono con grande naturalismo e disinvoltura scenica (in ciò il film compete indubbiamente con la Corazzata Potemkin). Le masse con il loro movimento vorticoso procurano nello spettatore la vertigine del cambiamento politico rivoluzionario. Il film riesce a dare allo spettatore anche il brivido del vuoto istituzionale, qualcosa che diviene, lungo lo scorrimento del racconto, caduta esistenziale e politica: un’emozione che trascina verso un’atmosfera finale di terrore. Allucinanti le riprese notturne delle numerose stragi contro i civili francesi presenti nel centro di Algeri. Le strage avvengono tra locali festosi che sprofondano improvvisamente in un buio di morte e orrore. Riuscita la suspense della inesorabile caccia (molto difficile) alle quattro "teste" che dirigono il terrorismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nobile ed efficace la figura del colonnello Mathieu nel rapporto con i terroristi algerini. Umana l’immedesimazione di Mathieu con la causa politica dei terroristi algerini, ciò lo porterà a cercare con loro dei rapporti più umani, relazioni che però verranno regolarmente deluse dalla ferocia dei terroristi musulmani. Dopo le numerose stragi avvenute sui suoi soldati il governo francese decide, per riportare l’ordine, di utilizzare il corpo dei paracadutisti. L'ingresso dei paracadutisti francesi ad Algeri guidati dal colonnello Mathieu, nella cui figura dominano gli occhiali scuri, è una pagina da antologia cinematografica. Una pagina che fa pensare all’inizio di una grande battaglia, uno scontro ad alta intensità di ideali: da una parte la giusta causa algerina, ormai matura per una penetrazione anche violenta nel cuore del conservatorismo europeo, dall’altra una Francia ancora troppo legata al mito dell’impero delle colonie e decisa quindi a non cedere sul piano delle trattative. Sullo sfondo una Algeri europeizzata e divisa avvolta dal rigido dominio francese che durava all’epoca già da 130 anni.

 

 

 

 

Recensione a cura di Giordano Biagio

 

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