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L'importanza del Microsistema

Quello del cinema italiano è un vasto panorama che negli ultimi tempi cerca di affermarsi nuovamente a livello mondiale, ma a discapito nostro, molte sono ancora le difficoltà che incontra a livello nazionale. Se vi deve essere una nota di rimprovero e anche vero che si riconosce l'impegno e la costanza di chi in questo 2015 ha cercato di rendere il nostro cinema un settore più ricco e prosperoso che vuole guardare al futuro. Si ringraziano per questo alcuni ministri, le varie associazioni, le diverse categorie di settore, tra cui anche qualche esercente temerario e qualche ottimo critico che scrive di un cinema nuovo che vuole emergere.

 

Piano piano sta avvenendo un cambiamento grazie (a un poco chiaro) “piano di regolamentazione” che riesce ad avere in un modo o nell'altro una sua influenza a fronte delle diverse difficoltà derivanti dalla vasta rete plasmata da tutti quei ruoli che mettono in moto questo settore. Un tipo di cinema che va visto con occhi insoliti pronti a vedere le influenze che questo linguaggio dà e riceve in rapporto ad altri ambiti.

 

Scendendo poi nei particolari, l'Italia, è un Paese formato da molte regioni, ognuna delle quali reagisce a suo modo valutando questo tipo di “piano”. Infatti, al di là delle leggi nazionali le opportunità di svincolarsi e andare per altre strade, seguendo i propri interessi, sono molteplici. Un dato di fatto è quello che a oggi ci sono regioni che funzionano meglio di altre, chi grazie alle film commission, chi grazie a premiate e talentuose maestranze, chi grazie a un'ottima gestione del finanziamento pubblico e chi grazie alle inventive di visibilità o di sperimentazione. Queste efficienti regioni, pur avendo le loro difficoltà, risultano davvero poche rispetto al numero di quelle che il cinema non riescono proprio a farlo (ri)partire. Nel peggiore dei casi ci sono delle “regioni fantasma” assenti su fronti fondamentali come quello delle film commission, dei festival dalla concreta utilità, dei bandi pubblici, delle reali scuole di formazione,

dei cineclub. In questo modo si rischia di mantenere un decentramento che non dovrebbe essere voluto dal “piano” che si sta mettendo in atto: sarebbe più opportuno cercare di creare dei punti forza dal nord a sud, da est a ovest, anche in vista del possibile arrivo di produzioni estere. In questo gioca un ruolo importante la Film Commission che però a quanto pare il suo affermarsi non è così scontato come il motivo della sua nascita. C'è il rischio che il problema del monopolio che tanto affligge il nostro sistema cinematografico subentri anche in questa modalità di produzione.

 

Il problema di fondo ovviamente non è di chi opera nel settore, ma chi ha in mano l'amministrazione e la gestione di questi enti. Troppo spesso accade che siano dei politici senza esperienze dirette col settore a tenere le redini. Una scelta questa che può essere condivisibile o meno, ma che comporta una presa di coscienza e di responsabilità nei confronti di chi poi invece si ritrova ad agire nell'ambito in questione. A queste regioni quindi dovrebbe essere chiesto un dialogo per evitare la continuità dello stato comatoso in cui si trovano e comprendendo le manovre che possano servire a risolvere i problemi provocati da una mala gestione. Una classe che si sforzi di intendere il cinema come un settore economico e culturale in assiduo mutamento e non come intenzioni e chiacchiere politiche ostinate a preservare una vecchia idea legata al mondo cinematografico.

Di Von Chanelly

Manifesto 0, 31 dicembre 2015

 

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