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Maurizio De Bonis

Critico cinematografico, fotografico e delle arti visive, direttore di Cultframe e CineCriticaWeb, codirettore di Punto di Svista

 

 

MANIFESTO 0:

Fare il critico oggi, essere stato critico ieri. In un'industria che negli anni è cambiata la figura del critico ha subito trasformazioni?

 

MAURIZIO DE BONIS:

La figura del critico è molto cambiata non tanto per le mutazioni dell’industria cinematografica. In fin dei conti il critico deve occuparsi principalmente di linguaggio, di film, di autori (ed anche dei sistemi produttivi). La grande trasformazione è avvenuta grazie alle mutazioni nell’ambito della comunicazione. Il web ha rappresentato fino a qualche anno fa un territorio nuovo nell’ambito del quale ci si doveva necessariamente esprimere in modo innovativo e appropriato al mezzo.

Il problema è che parte della critica più tradizionale non ha colto (e fatica ancora a cogliere) le enormi potenzialità della divulgazione culturale in rete, quest’ultima spesso considerata solo un territorio di mero scambio di brevissime e vacue informazioni (quando va bene). La critica cinematografica in rete è, invece, molto viva e propone spazi di riflessione interessanti. E quando alcuni si pongono giustamente il problema della qualità della critica cinematografica su internet, io rispondo che mi pongo lo stesso identico problema per quel che concerne la carta stampata.

 

 

 

 

MANIFESTO 0: 

Con l'avvento di internet tutti possono scrivere e pubblicare recensioni, ma cos'è che fa “grande” un critico?

 

MAURIZIO DE BONIS:

Non definirei mai “grande” un critico. Lo definirei competente, attento, preciso e, semmai, acuto e brillante.

Quando leggo una recensione su internet o su una rivista non mi pongo tanto il problema se l’autore sia un critico professionista oppure no (questo è un altro problema ancora). A me interessano la qualità della scrittura e la qualità delle idee che vengono espresse. E poi cerco di capire se chi ha scritto padroneggia gli strumenti critici, ovvero quei mezzi che possono consentirgli di analizzare e interpretare un testo audiovisivo in modo compiuto. 

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

Per chi oggi vorrebbe scegliere la carriera del giornalista o del critico (cinematografico) consiglieresti strade come il DAMS o altro?

 

MAURIZIO DE BONIS:

Ognuno può scegliere la formazione accademica che ritiene più opportuna. Per fare critica cinematografica è necessario anche vedere il maggior numero di film possibile, interessarsi anche alle altre arti visive (fotografia, videoarte, ma anche spot, videoclip), alla letteratura e alla musica. E poi sperimentare la pratica critica in un ambiente giornalistico in cui ci sia un punto di riferimento che possa guidare chi inizia a una pratica professionale attenta e responsabile.

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

Cinema indipendente, underground, commedie e film come LA GRANDE BELLEZZA. Il cinema italiano nel suo insieme oggi dal tuo punto di vista?

 

MAURIZIO DE BONIS:

Il cinema italiano a parte alcuni picchi (notevoli) e alcuni autori è dal punto di vista espressivo in sofferenza. Mi sembra che manchi quel coraggio che invece è possibile rintracciare facilmente in altre cinematografie nazionali. Ci sono, però, dei casi interessanti e stimolanti (specie nel cinema documentario, ma non solo) ed è certamente compito della critica valorizzarli e divulgarli.

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

Quando guardi un film c'è qualche aspetto particolare che valuti più di altri?

 

MAURIZIO DE BONIS:

Senza dubbio gli aspetti visuali e registici. Non mi è mai interessata la critica puramente contenutistica. La storia del cinema è lastricata di film irrisolti e non efficaci incentrati su contenuti importanti. I contenuti vanno veicolati nell’ambito di un’idea forte di cinema, grazie a uno stile visivo preciso e un’impostazione narrativa adeguata.

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

“La Vertigine dello Sguardo”, il libro che hai scritto e che è stato pubblicato da Postcart Edizioni. Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro? 

Notavo inoltre che nelle foto in copertina ci sono svariate macchine fotografiche ma sono tutte analogiche e non digitali. Immagino che ci sia stato un motivo ben specifico che ha preceduto questa tua scelta.

 

MAURIZIO DE BONIS:

La consapevolezza che non esistono più confini invalicabili tra le arti visive tecnologiche (cinema, fotografia, videoarte) e che il cinema ha spesso riflettuto a livello teorico e in maniera approfondita sulla questione dello sguardo e dell’azione del fotografo.

 

Le foto di copertina sono state scelte in base all’importanza che i film da cui sono state tratte hanno avuto nella lunga vicenda della relazione profonda tra fotografia e cinema.

Per quel che riguarda la pratica creativa in ambito fotografico a mio avviso che si usi un dispositivo analogico o uno digitale non fa alcuna differenza. La differenza la fanno la mente e lo sguardo di chi fotografa.

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

Personalmente, qual è il problema dell'industria cinematografica nostrana che senti di più come critico?

 

MAURIZIO DE BONIS:

I problemi sono innumerevoli e tutti molto seri. Uno dei tanti (ma speriamo che la situazione cambi) è relativo alla reale attenzione che le istituzioni pubbliche hanno nei confronti del nostro cinema (e quando mi riferisco ad attenzione non parlo solo di questioni legate ai finanziamenti pubblici ma proprio al rispetto che si deve a un ambiente culturale che potrebbe essere il fiore all’occhiello del nostro paese). E purtroppo non basta che un film italiano si aggiudichi un Oscar per risolvere tutte le questioni che sono in campo.

 

 

 

 

 

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