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PANORAMICA FASCISMO

Il mondo crea capolavori e noi stiamo a guardare. Oggi come ieri con la differenza che al tempo del fascismo il cinema fu sovvenzionato fortemente dallo Stato. Senza prese di posizione politica, osservando il fenomeno Mussolini all'interno della produzione italiana si possono notare alcuni elementi che lasciarono una traccia indelebile nel cinema di allora. In particolare ci sono tre cose che stanno alla base della sua politica:

 

– il finanziamento dato all'industria cinematografica;

– la fuoriuscita delle case americane dal mercato italiano;

– la propaganda;

 

L'industria cinematografica guadagna più di quella automobilistica* e Benito Mussolini lo capì subito.

Nonostante la politica dittatoriale, senza i suoi finanziamenti l'industria cinematografica avrebbe vissuto forse una stagione di ulteriore povertà. Mussolini venne considerato dagli italiani come un salvatore in quanto innescò un processo di trasformazione che vide l'Italia diventare una nazione moderna. Le maestranze cinematografiche credettero che questo processo di trasformazione riguardasse anche l'industria cinematografica nostrana e in effetti così fu. Mussolini di certo non ottenne la realizzazione di capolavori, ma contribuì a tenere in vita il cinema italiano. 

 

 

Nel 1924 viene istituito l'Istituto LUCE che che di fatto controllò e monopolizzò la produzione e la distribuzione dell'informazione a carattere didattico. Questa cosa è importante anche per capire l'attuale rapporto governo-cinema. Il governo attuale stringe in una morsa invisibile il cinema italiano, una cosa che la maggior parte della gente non sa, uno Stato che non incentiva la cultura e usa il cinema come propaganda a livello inconscio facendo mantenere la cultura del cittadino italiano medio piuttosto mediocre e questo è strategico in quanto il popolo se tenuto in una dimensione ignorante non parla, non protesta e vive sottomesso senza creare problemi. Marinetti fascista a tal proposito qualche anno prima scrisse “Si sente più bisogno di un'educazione scolastica integralmente realizzata mediante il cinema [...] . Sarà indubbiamente lo Stato fascista

mussoliniano che risolverà prima di ogni altra nazione il complicato e importantissimo

problema di fornire ogni giorno a tutti i bambini e a tutti i giovani films scolastici e radio scolastiche destinati a intensificare chiarire e drammatizzare tutto l'insegnamento.” Marinetti fu profetico nel suo proclama e al di là della propaganda è curioso osservare che ancora oggi a distanza di quasi cento anni nelle scuole italiane questa integrazione non ha trovato luogo, ma solo febbrili esempi evanescenti, è buffo che in una società che vive con cellulari, computer, internet dopo così tanto tempo sotto certi punti di vista abbia una mentalità ancora arroccata ad antiche ideologie, non ancora in grado di amare, rispettare e capire appieno le enormi potenzialità del cinema: viviamo circondati o meglio bombardati dai mezzi mediatici ma nessuno ci insegna a difenderci da essi.

 

 

Forse non è un caso che durante il fascismo accadde un'ulteriore cosa che si sta verificando anche ora: il 1940 vide l'inizio di un potenziamento della produzione leggera, imitando il modello americano (il mito dei tanti soldi), creando generi autarchici rivelatisi poi fallimentari. Nel contempo però la guerra non sembrò influenzare il cinema: Mussolini mantenne e aumentò i finanziamenti, la produzione dei film e delle sale cinematografiche, nacquero anche i primi riconoscimenti e i primi premi. Il 6 agosto 1932 nacque la Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, primo Festival mondiale dedicato al cinema, organizzato da Luciano De Feo e Luigi Freddi (all'epoca successore di Stefano Pittaluga).

Nel 1937 nacque anche Cinecittà, un insieme di stabilimenti creati appositamente per la produzione cinematografica, costruita dopo l'incendio, ancora oggi dalle

cause sconosciute, della Cines. Nel contempo si rafforzò anche la Cineteca  Nazionale di Bologna e nacque il Centro Sperimentale di Cinematografia che sfornava le giovani figure professionali del nostro cinema. Una cosa singolare è che dopo l'uscita dei film statunitensi dal panorama italiano, a causa del protezionismo, grazie al monopolio dell'Enic che sostanzialmente cercò di portare avanti il progetto di Pittaluga, i biglietti continuarono a essere venduti e subirono sempre più un aumento.

 

 

 

 

 

*Da un recente studio indetto dall'Università Iulm di Milano con il contributo dell'Unione Europea è risultato che la cultura è un'industria e dai vari sondaggi, indetti da questo studio, è risultato che essa guadagna più dell'industria automobilistica. Nei Paesi del Nord Europa il concetto è stato ormai metabolizzato e da tempo messo in pratica. Questi Paesi incentivando la cultura non hanno solo avuto un ritorno economico e tramite borse di studio, Concorsi, sfornato giovani professionisti talentuosi di tutti i campi artistici, ma sono usciti dalla grave crisi che ci colpì tutti nel ormai lontano 2009, ricostruendo un economia solida e costruendo una società di persone acculturate, in salute e felici. Felici? direte voi, ed ebbene sì, chi ha un approccio diretto con un qualcosa che comporti una più ampia conoscenza in uno o più campi artistici risulta più felice di chi non lo fa. Quindi riassumendo in poche parole, finanziare l'industria culturale comporta una maggiore stabilità finanziaria del Paese e un aumento positivo del morale e del quoziente intellettivo di tutti i cittadini.

In Italia questo non accade, come in altri Paesi europei come Spagna, Portogallo e Grecia. Ma ragioniamo un attimo sul perché succede questo e che cosa comporta.

Queste quattro Nazioni sono uscite, da non molto tempo, da una forma di Governo dittatoriale fascista e da una guerra civile. A questo fatto non bisogna essere indifferenti. Ogni dittatura sfrutta la cultura che gli è funzionale ed elimina il resto. Il ruolo dei politici italiani di oggi nei confronti della cultura dev'essere quello di un risanamento, di un'evoluzione o si rischia di rimanere indietro e tutto questo deve partire dall'istruzione.

Inoltre queste quattro Nazioni sono anche quelle che ancora non sono riuscite ad uscire dalla crisi e l'esempio più chiaro sono le rivolte che sono avvenute di recente in Sud d'Italia e in Grecia per il malumore cittadino di un declino politico-economico-sociale generale.

Se l'Italia invece di tagliare i fondi alle scuole, cosa che inevitabilmente taglia anche le gambe ai giovani cittadini, le finanziasse, forse, cambierebbe qualcosa.

Redazione

Manifesto 0, 2012

 

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