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Trieste Film Festival: un punto di incontro tra l'est e noi

“Un gruppo di persone in un territorio che hanno capacità, in un gioco di fortuna e combinazione, con il

sostegno fondamentale delle istituzioni, fanno crescere un qualcosa”.

Queste le parole di Dorino Minugutti, produttore del documentario PAROLE POVERE diretto da Francesca

Archibugi presentato all'ultimo Trieste Film Festival. Come non poter dar ragione, in fondo proprio questo

Friuli di cui si parla sempre più spesso è stato partecipe di tante vittorie e non si parla solo di Zoran e Tir

ma anche di THE SPECIAL NEED firmato Carlo Zoratti che si aggiudica ex aequo il premio della sezione

documentari al TFF.

 

 

 

Protagonista di questo festival rimane comunque il cinema dell'Est, il quale presenta una visione diversa

da quella italiana da cui potremmo imparare. Le difficoltà però che molti Paesi est-europei incontrano di

certo non fermano i cineasti delle ultime generazioni che a volte contro la politica e la censura realizzano

film che in un certo senso aiutano a far crescere la propria società. Un esempio è la Polonia che ha

presentato un film sull'omosessualità, un tema che ha diviso il pubblico polacco che accetta solo apparentemente la diversità sessuale.

Diverso è il caso della Serbia che sì, sta recuperando valori e tradizioni, ma ha deciso di accantonare almeno per il momento film di impegno politico/sociale dopo le ultime tragedie puntando soprattutto a un cinema di genere.

 

 

 

C'è anche chi pensa alle generazioni future e decide tramite il cinema di tenere alta la memoria di grandi uomini come Sergei Parajanov, artista che ha sempre sfidato le autorità e le istituzioni o Lech Walesa portato sullo schermo dal grande maestro del cinema polacco Andrzej Wajda. A distribuire il film è l'indipendente Nomad Film di Lydia Genchi (La quinta stagione, Babycall) che ritiene la figura di Walesa importante in quanto ha contribuito tra le tante cose anche alla caduta del muro di Berlino. Con Lydia abbiamo approfittato poi per

parlare della distribuzione italiana “non sono molto d'accordo con la politica della commedia anche se è quella che guadagna di più e i numeri lo dimostrano, però c'è una fetta che bisognerebbe valorizzare di giovani registi, sceneggiatori che puntano a un cinema impegnato, più profondo, forse è un aspetto meno commerciale ma sicuramente più importante per la cultura italiana.” Esiste quindi la volontà di distribuire i film italiani ma non è così facile, la Genchi propone un'aggregazione con altri distributori, puntando a una condivisione di esperienze. “Un progetto del genere” continua “sarebbe bello, interessante e

auspicabile purtroppo non è facile contrastare una politica di monopolio con cui mi

trovo nettamente in disaccordo.” Altro problema è la pirateria di cui troppo poco si è

parlato e mai in maniera approfondita, pur rimanendo una seccatura gravissima da

risolvere.

Insomma difficoltà ce ne sono, ma i festival servono anche a questo: confrontarsi,

parlare, discutere, vedere cinematografie differenti dal solito mercato e imparare

qualcosa di nuovo, un tesoro non solo visivo ma anche culturale che non può che

portare all'arricchimento di chi si sa cibare di certe prelibatezze.

 

 

 

 

 

 

 

Di Von Chanelly

Manifesto 0, 24 Gennaio 2013

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