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QUEI RICCHI ESORDI DEGLI ANNI '60

A parte la parentesi del decamerotico, il cinema d'autore fu ricco in questo momento, non solo grazie a grandi registi, ma un contributo decisivo provenne dagli sceneggiatori del calibro di Tonino Guerra, Flaiano, Franco Solinas, Suso Cechi D'Amico, Tullio Pinelli, Ugo Pirro, Bernardino Zapponi che continuarono ad usare i dialetti specialmente quello siciliano e quello romano anche se la tv contribuì alla diffusione della lingua italiana, sono stati fondamentali perché costituivano la garanzia di continuità (anche se questo comportava un non sviluppo, non si cerco di andar oltre). Nacque anche una nuova generazione di critici che grazie alle loro recensioni e ai loro articoli diedero una spinta essenziale a determinati film, film che riscontrarono un successo mondiale e che nel '60 rilanciarono il cinema italiano: un salto di qualità unico.

 

 

Questa ricchezza diede vita a molti esordi che si divisero in cinema d'autore e cinema di genere, tra i quali 

è bene ricordare IL POSTO (Ermanno Olmi, 1961) che a distanza di decenni grazie al modo in cui è raccontato

riesce a essere ancora attuale, il film manifesto I PUGNI IN TASCA (Marco Bellocchio, 1965) l'esordio migliore

che si è visto negli ultimi cinquant'anni che insieme al primo film autonomo I SOVVERSIVI (fratelli Taviani,

1967) anticipa l'atmosfera sessantottina; l'ambizioso LA COMARE SECCA (Bernardo Bertolucci, 1962) e lo

spiazzante poliziesco L'ASSASSINO (Elio Petri, 1961) in cui si percepiscono già i temi cari del regista come il

potere e la nevrosi.

Casi molto interessanti da ricordare furono LO SCANDALO (Anna Gobbi, 1965) impegnato a delineare

ambienti e personaggi borghesi; UNA QUESTIONE PRIVATA (Giorgio Trentin, 1966) in cui è presente uno

spettacolare dilettantismo culturale e cinematografico; UN AMICO (Ernesto Guida, 1967) tentativo del genere

film per ragazzi; TRIO (Gianfranco Mingozzi, 1967) anche se presenta personaggi del cinema veritè manca di 

un intreccio basilare; LA NOTTE PAZZA DEL CONIGLIACCIO (Alfredo Angeli, 1967), graffiante, onirico destinato

allo spettatore medio, che però segna una mancanza di contenuto (nei punti in cui attacca il moralismo e la

piccola borghesia); IL GIARDINO DELLE DELIZIE (Silvano Agosti, 1967) in cui si nota la padronanza del

linguaggio assoluta da parte del regista che va contro il moralismo di allora sfruttando diversi stereotipi.

Redazione

Manifesto 0, 2012

 

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