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CINECITTA' di nuovo sul fronte

Nemmeno il tempo di gioire, nemmeno il tempo di tirare un sospiro di sollievo. “E' tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore” di chi parla di una rinascita di un cinema, di una verità “nascosta dai bla bla bla” di un'Italia che vince l'Oscar sul fronte ma che risulta disastrosa nelle retrovie. C'è già chi si è dimenticato o chi nemmeno lo sapeva, a distanza di poco tempo il nodo risale alla gola, un sudore febbrile che non fa da sfondo alla crisi economica del nostro Paese ma è protagonista di una costante cultura alla deriva.

 

I primi allarmi erano iniziati a gennaio, poi sono arrivati i licenziamenti e oggi le certezze

svaniscono, il futuro non è chiaro e continua la lotta da parte di tutti i lavoratori di

Cinecittà, i quali il 4 luglio 2012 avevano iniziato uno sciopero durato tre mesi. Le

organizzazioni sindacali, il presidente Luigi Abete e il MiBACT a dicembre dello stesso

anno avevano sottoscritto un accordo che prevedeva tra le altre cose la salvaguardia dei

livelli occupazionali, Cinecittà doveva mantenere tutte le attività e le risorse umane. A poco

più di un anno di distanza ciò è stato violato. Il ministro Bray si era reso disponibile e più

volte era venuto incontro alle battaglie affrontate dal nostro cinema, ma ora Franceschini

l'ha sostituito e il ruolo della politica nel cinema tentenna nuovamente.

 

Il fatto che Abete voglia fare di Cinecittà un'attrazione piuttosto che un luogo di cinema si

era capito da tempo: nel 2012 i Cinecittadini erano riusciti a fermare lo spreco edilizio che Abete voleva attuare e che consisteva nel costruire parcheggi, ristoranti, alberghi, sale fitness, era convinto che questo avrebbe riportato le grani produzioni a Roma. Qualcuno ha provato a spiegargli che forse sarebbe meglio investire su un piano di rilancio industriale del nostro cinema, ma del resto è dal 1997, anno in cui Ciampi e Veltroni considerarono Cinecittà “non più strategica” rendendola privata sotto la direzione di Abete, che non c'è stata nemmeno una traccia di volontà nel rendere di nuovo grande una struttura che è stata per decenni un punto fondamentale del cinema mondiale. Il 19 marzo a Roma si terrà una manifestazione “Cinecittà non deve diventare come Pompei”, per impedire i licenziamenti e soprattutto per sensibilizzare le persone, è inutile far finta di niente, viviamo in un Paese che va avanti grazie all'arte e alla cultura e la rassegnazione e l'indifferenza non possono essere comportamenti di accettazione, l'indignazione di fronte a persone e gesti che provocano la decadenza delle grandi bellezze non è una voce che va strozzata.

 

 

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Di Von Chanelly

Manifesto 0, 11 Marzo 2014

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