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Emanuele Cerman

Regista, sceneggiatore, montatore e produttore 

 

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Approfondimento IN NOMINE SATAN, 2014

MANIFESTO 0:

Prima attore poi regista. La scelta di questo passaggio da cosa è dovuto? Hai voluto sperimentare qualcosa di nuovo oltre al mondo della recitazione?

 

EMANUELE CERMAN:

Prima di tutto, nella mia vita ho sempre scritto, quindi principalmente mi considero un’autore. Quell’essere autore dentro mi ha spinto a divenire attore e poi quell’esigenza di raccontare, ancora troppo intrappolata, mi ha portato alla regia e al montaggio, ma sempre passando attraverso la scrittura.

La libertà artistica è quello che inseguo e vorrei poterla vivere nel prossimo futuro con alte collaborazioni sul piano professionale.

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

Com'è nata la tua passione per il cinema e la voglia di lavorare in questo mondo così precario, specialmente in veste di regista indipendente?

 

EMANUELE CERMAN:

Professionalmente nasco in teatro, poi parallelamente ho inseguito il sogno di poter fare cinema, prima come attore, poi come produttore indipendente e infine come autore, regista e montatore.

Da attore in passato mi sono messo spesso a disposizione di alcuni registi indipendenti, soprattutto di quelli che ritenevo più talentuosi e preparati, ma quando ho capito dentro di me che un giorno avrei voluto vivere di cinema da un’altra angolazione, è stato sul set di Concorrenza Sleale di Ettore Scola.

Il gigantesco set allestito a Cinecittà, in quei giorni che lo frequentai, mi fece vivere un sogno ad occhi aperti. Vedere dal vivo come veniva realizzato il cinema dei grandi mi fece venire i brividi sulla pelle; si respiravano creatività, cultura, professionalità e bellezza.

Un’esperienza indimenticabile che porterò sempre nel cuore.

Chi lavora in ambito artistico in Italia lo fa da precario, quando si comincia lo sanno tutti, tutti quelli che non hanno aiuti alle spalle, ma spesso è una condizione che non porta a risvolti meritocratici.

Le difficoltà sono evidenti, ma se hai un sogno, devi fare di tutto per realizzarlo, la vita è fatta per essere vissuta e non per farsi vivere addosso.

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

Se posso chiedere..il tuo vero nome è Emanuele Cerquiglini, come mai usi lo pseudonimo Emanuele Cerman?

 

EMANUELE CERMAN:

Non sono il primo e non sarò l’ultimo a farlo. Ho sempre amato entrambi i cognomi della mia famiglia, quello portato da mio padre e quello da mia madre, e Cerman è l’unione delle tre lettere iniziali di loro cognomi.

Hanno iniziato a chiamarmi così tutti e mi piaceva, così l’ho tenuto.

Nel tempo ho trovato fosse anche utile avere un cognome d’arte per non far associare immediatamente alla mia persona le differenti aree professionali che ho intrapreso nel lavoro, così a seconda del ruolo che rivesto decido quale cognome usare.

Soprattutto in Italia, non fare solo una cosa, e mostrarsi quindi eclettici (spesso per necessità) non è visto di buon occhio. Limiti mentali che non comprenderò mai. 

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

Vedendo la tua filmografia non si può non notare le diverse collaborazioni che hai avuto con uno dei

registi di punta del cinema horror indipendente italiano che è Ivan Zuccon. Dal tuo punto di vista in

poche parole come lo descriveresti? Credi che in qualche modo possa aver avuto qualche influenza

registica su di te?

 

EMANUELE CERMAN:

Quando ho conosciuto Ivan ero giovanissimo e anche lui. Ancora ricordo il primo incontro a casa sua in

Veneto; aveva organizzato tutto Roberta Marrelli, con la quale avevo frequentato la stessa scuola di

cinema. Lei aveva capito che io ed Ivan ci saremmo subito amati professionalmente e così è stato.

Di Ivan avevo subito intravisto il fuoco interiore e la purezza d’animo, lui è un grande talento e una bella

persona. Siamo ancora molto amici e la nostra amicizia ha anche superato un periodo di divisione

durato qualche anno, dopo la realizzazione di “Bad brains”.

 

Nell’ultimo film “The wrath of the crows” mi ha dato la possibilità di interpretare due ruoli, un’inquisitore che parla latino e soprattutto “Spoon” un freak divertente e inquietante, sicuramente il personaggio che mi sono divertito di più a creare in tutta la mia carriera.

Dal punto di vista registico e narrativo siamo molto differenti e da lui non ho subito influenze in questo senso, in comune abbiamo la tenacia e

l’amore per gli attori: quelli bravi in qualche modo ci fanno godere.

 

Per me Ivan è attualmente il maestro dell’horror italiano, ma lui è molto altro: ha preso l’horror e lo ha fatto suo, sperimentandolo e trasformandolo, per certe idee è stato un precursore e lo è stato anche dal punto di vista stilistico: ha preso il digitale e non ha mai voluto accostarlo alla pellicola, lo ha trattato come materia pura.

Ricordo ancora le tante critiche negative che arrivavano ai suoi primi film e la non considerazione distributiva: il tipico esempio della nostra incapacità di riconoscere il talento. Oggi per lui vogliono lavorare attori internazionali e i suoi film all’estero continuano ad essere molto apprezzati. Tra l’altro all’estero, soprattutto dove esistono reali industrie cinematografiche, si rendono conto benissimo di cosa voglia voler dire fare film a basso budget e non hanno esitazioni a riconoscere il talento. Non mi stupirei di vedere presto Ivan prodotto dagli americani e se lo meriterebbe.

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

Il tuo primo vero e forte contatto con il cinema è avvenuto a teatro con Ettore Scola, uno dei molti grandi

registi che il cinema italiano abbia avuto e che per nostra fortuna è ancora qui in mezzo a noi. Aver fatto

parte della sua compagnia ti fece all'epoca un certo effetto? Come lo vedevi Scola quando avevi vent'anni?

 

EMANUELE CERMAN:

Ettore Scola è un gigante del cinema mondiale. Una figura talmente imponente culturalmente che incute

un subitaneo rispetto e all’inizio un certo timore. Da giovane ero terrorizzato quando si presentava come

supervisore in teatro, o quando mi ha diretto sul set, ma allo stesso modo ero anche terribilmente

affascinato. Un uomo sempre elegante e saggio, che parla poco e quando lo fa difficilmente quello che

dice può essere replicato. Il suo sguardo può bruciare e il suo sorriso può salvare, questo per me è Ettore

Scola; che ho ancora la fortuna di incontrare alcune volte alle assemblee dell’Anac, dove difficilmente mi

spingo oltre una stretta di mano e al dirgli: “buongiorno Maestro, è un piacere incontrala”.

Personaggi di quel calibro e di quella rarità vanno solo osservati e ascoltati in silenzio, con il massimo

rispetto, da loro si può solo imparare e anche quando non parlano, insegnano qualcosa.  

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

Ti è capitato di lavorare anche in tv con Stefano Sollima e Sergio Martino. Quest'ultimo un po' come Ettore Scola ha alle spalle una filmografia che ha reso prolifico il nostro cinema nel passato. Provenivi dal mondo del teatro ma già avevi bazzicato al cinema e alla tv. Già sentivi delle differenze? La regia di Martino, e più in generale quella della tv, ti ha modellato in qualche modo? 

 

EMANUELE CERMAN:

E’ stato importante e formativo lavorare sia con Sergio Martino (Mozart è un assassino) che con Stefano Sollima (Romanzo Criminale). Sono due registi molto diversi, stimo entrambi anche perché ho visto la maggior parte delle loro opere proprio come spettatore. Con Sollima in questo momento è in assoluto il regista che può cambiare la carriera di un’attore, sia perché nelle sue opere offre la possibilità di interpretare personaggi che rimangono nell’immaginario dello spettatore, sia perché cura all’inverosimile anche i ruoli minori, e infine perché garantisce una visibilità incredibile. Stefano ama gli attori e ti dice esattamente cosa vuole prima di andare in scena, ha sempre le idee chiare e da le indicazioni giuste. 

Con Sergio Martino interpretai un ruolo nel suo ritorno al giallo-thriller per una film TV della Rai. Conoscevo la cinematografia di Sergio e ho sempre avuto grande stima per lui e per il fratello Luciano che purtroppo ci ha lasciato.

Sia Luciano che Sergio hanno segnato un’epoca incredibile del cinema italiano di

genere. Con Sergio sul set devi essere sempre sul pezzo, lui non ama i tempi morti e vuole reattività costante. Indimenticabile quando si spazientiva sul set, il suo: “Andiamo cari” che riportava tutti all’ordine immediatamente, dal cast alla troupe, fino al reparto produzione.

 

Ovviamente lavorare al teatro, al cinema o in tv presenta delle differenze sotto molti aspetti. Personalmente come attore credo il teatro possa dare tanto interiormente, è vero e proprio nutrimento per l’anima. La televisione ti insegna il mestiere, ma tolte rare eccezioni in Italia non è che proprio si punti sulla qualità degli interpreti. 

Il cinema, un certo cinema, ha un fascino irraggiungibile e lavorarci è un privilegio.

Quale attore non sognerebbe di interpretare un personaggio difficile e complesso in un grande film?

Delle tre esperienze (teatro, tv, cinema) ho cercato di prendere il massimo dell’insegnamento sul campo e mi auguro di poter in futuro lavorare ancora in tutti e tre i settori, sia come attore, sia come regista che autore. 

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

Tu e il rapporto con Indicinema?

 

EMANUELE CERMAN: 

Probabilmente sto pagando a caro prezzo il mio impegno civile nell’aver cercato pochi anni

fa prima di denunciare il disagio lavorativo che vivono molti professionisti italiani lasciati

inspiegabilmente ai margini, e poi di promuovere e regolarizzare il cinema indipendente

italiano nella speranza di poter creare un futuro migliore per me e i miei colleghi.
In quel periodo di impegno civile, oltre la poetica esperienza che sfociò con la nascita di

“Indicinema”, mi misi in prima linea nel duro dibattito con la politica, e la filiera

cinematografica italiana. Di quell’esperienza non sono del tutto soddisfatto, perché da noi

non c’è solidarietà e solo aprire un piccolo varco forse già dimenticato, mi è costato tanta

fatica e dolore.
Inutile nascondersi poi: se non si lavora ad alti livelli, il cinema indipendente è strozzato

non solo dal punto di vista distributivo, ma dai tanti, troppi ciarlatani mascherati da

produttori che in realtà al cinema non hanno da dare o dire nulla se non sfruttarlo per i

propri fini personali anche attraverso truffe e menzogne.

 

 

 

 

MANIFESTO 0:

"Un atto di civiltà che conclude un’epoca di rinvii, polemiche e disinformazione", così commentano gli autori cinematografici dell'ANAC dopo che il ministro Franceschini ha firmato il decreto ministeriale sull’equo compenso (copia privata e diritti di autori, lavoratori e imprese che realizzano opere audiovisive e musicali). A distanza di pochi giorni dalla posa della firma però Confindustria Digitale ribadisce il suo no al decreto ministeriale. "Siamo pronti a fare ricorso. L'aumento del compenso per copia privata annunciato dal ministro Franceschini è ingiustificato e non tiene conto dell'evoluzione delle tecnologie e delle mutate abitudini di utilizzo da parte dei consumatori".

In veste di autore che idea ti sei fatto a tal proposito?

 

EMANUELE CERMAN:

Gli Autori rappresentano la centralità dell’opera. Se non hai buone storie e buone sceneggiature, potrai avere tutti i soldi e i nomi che vuoi, ma avrai sempre pessimi film. Dove esiste una vera industria cinematografica: USA e Francia, tanto per fare due esempi, ti rendi conto di come siano rispettati i diritti degli autori e di quale sia l’importanza data agli autori per la realizzazione di un’opera e nel successivo sfruttamento. 

 

 

 

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