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Vaghe Confutazioni Veneziane

Avevamo detto a chi ci segue che avremmo tirato le nostre conclusioni sulla 70a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia solo una volta terminato il tutto e non vogliamo smentirci ma c'è una cosa che ha precedenza ed è divulgare a voi lettori quello che oggi martedì 3 settembre si è detto durante il dibattito indetto dall'ANICA iniziato alle 16.30 presso l'Hotel Excelsior al Lido di Venezia, dove erano radunati i maggiori rappresentanti di tutte le categorie del nostro sistema audiovisivo che non comprende solo il mondo del cinema, ma anche quello della tv, della politica, dell'economia.

A essere sinceri, eravamo molto scettici sul da farsi, ma abbiamo deciso di sacrificare il film LOCKE e di rimanere ad ascoltare, sapevamo che probabilmente sarebbe stato un buco nell'acqua ma noi che cerchiamo di divulgare l'informazione non potevamo non esserci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dibattito, così è stato chiamato, riguardava per l'appunto il crearsi di una discussione costruttiva per migliorare il nostro cinema. L'inizio non è stato male, sono riusciti a stupirci, avevamo presupposto che avrebbero chiesto solo più soldi facendo solo promesse senza basi concrete e che non avrebbero mai ammesso le proprie colpe, come spesso accade e invece sono stati sollevati alcuni punti che condividiamo in parte (dato che per ora non esiste nessuno oltre a noi che abbia fatto un'analisi dettagliata del sistema cinematografico attuale) e che non credevamo potessero uscire dato il continuo basarsi su stereotipi, voci, campane.

Riprendendo il dibattito di ieri a cui era presente anche il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Massimo Bray dove si sollevava il problema del cinema che non viene considerato come un sistema articolato con profonde connessioni. E' una cosa che si sa, ma che poi nella pratica non c'è, si è partiti con l'affermare che il cinema è un malato terminale e che manca la politica giusta, una politica che non manca solo nel cinema ma anche nella cultura. Certo i più vecchi lettori di Manifesto 0 saranno indotti a pensare che hanno scoperto l'acqua calda ma noi torniamo a dire che finché non ci sarà una consapevolezza data da un'attenta analisi queste cose continueranno a far vivere questo gioco beffardo, sfortunatamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' uscito nuovamente il discorso Tax Credit, definito una piccola boccata

del cinema, anche se qualcuno si è deciso ad ammettere che non saranno

solo i soldi a cambiare le cose ma servono provvedimenti efficaci.

Provvedimenti che nello specifico non sono stati dichiarati, ma si è

accennato al decreto sulla cultura che riguarda anche il cinema che deve

essere approvato, del FUS (che non verrà sostituito dal Tax Credit), di un

mercato lungimirante, di prendere come esempio il modello francese, di una distribuzione non più vincolante e di vari appuntamenti dove incontrarsi tutti insieme per discutere di scelte migliori.

Dopo l'introduzione sono intervenute diverse personalità, Angelo Barbagallo, Franco Montini, Nicola Borelli, Riccardo Tozzi, Nico Taglia, Maurizio Sciarra, Fabio Castellana, Silvio Maselli, Lucio Gaudino e Marco Asuli.

 

 

 

 

 

 

 

I temi sollevati sono stati parecchi, quello che ha scatenato il dibattito più acceso e che poi è

stato protratto per tutto l'incontro è quello del Referent System all'interno del più ampio

discorso dell'automatismo e delle commissioni. I punti toccati sono stati per lo più fini a se

stessi, nel senso che ha fine riunione di concreto c'è stato poco e quella che si è formata è

soprattutto una divisione tra chi vuole e chi non vuole il Referent System, che però alla fine dei conti è un problema come tanti, va risolto ma non valeva la pena incentrare il discorso già di per sé molto ampio su una problematica minore, del resto sono tutte queste piccole problematiche che andrebbero esaminate con cura e risolte, inoltre alcuni punti che sono stati in un certo senso contraddizioni del tema portante. Ad esempio si cerca un'unità che ci deve essere per una rivoluzione ma appena esce una piccola divide scoppia il finimondo e la gente inizia a vantarsi di aver fatto questo progetto, di aver iniziato quella causa, ecc.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vogliono un nuovo tipo di distribuzione, bisogna iniziare a pensare non solo alle sale ma anche alla tv (in un modo differente) e al web, combattendo la pirateria e dando spazio a più film, i problemi però (come giustamente qualcuno faceva notare) sono i numeri: le sale in Italia sono quelle che sono e inoltre non si investe abbastanza sui film da proiettare. Inoltre quello che fa più rabbia è che si vogliono cambiare le cose, si parla di budget più bassi, di vedere il mercato come un'industria, di costituire un fondo con una percentuale sugli incassi totali dei botteghini per finanziare lo sperimentalismo, ma nessuno che abbia parlato del cinema indipendente italiano. Qualcuno ha provato a parlare delle serie web estere a cui la maggior parte ha risposto in maniera negativa ma noi del cinema underground quanto tempo è che abbiamo saltato gli ostacoli riformulando a modo nostro il sistema? La cosa non mi stupisce però non si può parlare di cambiamento quando non si prendono in considerazione tutti gli elementi, non si può parlare di unità quando esiste una forte spaccatura tra il cinema delle grandi produzioni e quello underground/indipendente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Senza parlare di chi alla domanda “che cosa cerca il pubblico italiano nelle sale e non trova” ha cercato di rispondere con tutt'altro per deviare una scomoda realtà, non possiamo e non dobbiamo pretendere che il pubblico italiano continui ad assistere alle commedie scipite e ai film moralisti ma soprattutto e ora di chiudere con il cinema d'autore, abbiamo bisogno di un cinema commerciale che entusiasti il pubblico italiano, abbiamo bisogno di modernizzarci con le nuove tecnologie, di produrre film all'altezza delle pretese non solo d'intrattenimento ma in particolare del livello tecnico dei nostri prodotti. Come possiamo ancora stupirci che le persone non vadano al cinema, che non guardino film d'autore, quando i biglietti hanno un prezzo indecente e un applauso a chi in sala ha detto che vorrebbe sentire meglio le motivazioni degli esercenti, quando insistiamo a fare i film per noi stessi obbligando il pubblico a certe visioni senza interrogarci sui gusti del pubblico, o meglio delle fette di pubblico, che dovrebbe essere la prima cosa che un produttore-autore fa, quando abbiamo educato noi un pubblico a una visione e a una cultura così bassa di cinema e tv, come mi chiedo io?

Applausi che vanno anche a chi ha detto che dopo la battaglia al Tax Credit ci siamo addormentati (cosa che noi avevamo previsto), così come chi ha finalmente ammesso che la programmazione televisiva è un mostro che va smontato e che ha dato il via alla nascita del pubblico ignorante, lo spreco di denaro per quanto riguarda la tv con film già programmati a cui partecipano persone di poco talento e di alcuni film che sono stati riconosciuti di interesse culturale, ma di cultura avevano ben poco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sfiduciati invece per quanto riguarda il discorso battaglie, hanno definito due grandi battaglie quella dell'eccezione culturale e quella dei Tax Credit, dichiarando che noi dell'audiovisivo abbiamo gli strumenti per combattere. Noi di Manifesto 0 non possiamo essere pienamente d'accordo perché a parte la prima citata il cui ruolo fondamentale e definitivo è stato quello della Francia, battaglie come il Tax Credit o quelle di Cinecittà, come tante altre, non possono essere che state partenze ottime per il cambiamento ma i cui fini sono andati a parare poi su un futuro piuttosto instabile, un futuro che si vorrebbe roseo ma che fa fatica ad esserlo perché non ci si prende troppa cura poi delle conseguenze suscitate da queste vittorie.

Questa riunione oggi poteva terminare benissimo alle 16.35 perché prima di mettersi a tavolino e discutere di qualcosa, un qualcosa che non è fuffa, bisognerebbe prendere in considerazione tutti gli elementi, esaminare per davvero ciò che è il sistema cinematografico italiano. Qui lo diciamo e lo torneremo a dire, ci vuole consapevolezza, da parte loro in primis e poi anche del resto, senza di quella, il cinema italiano non subirà grossi cambiamenti.

 

 

 

 

 

Buona continuazione al Festival!

 




 

Di Von Chanelly

Manifesto 0, 3 Settembre 2013

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