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Marco Bellocchio a L'Aquila Film Festival

Il 14 e 15 novembre L'Aquila Film festival dedica una retrospettiva al regista Marco Bellocchio che sarà presente nella seconda giornata di proiezioni.

 

Sconvolgente ed estremo, “I pugni in tasca” del 1965, è uno dei migliori esordi italiani di sempre. Non è solo un film che ancora oggi lascia esterrefatti, ma è una tagliente critica nei confronti dell'istituzione familiare, un ambiente claustrofobico che non riesce più a maturare nessun punto di riferimento.

A dirigere questa perla è il regista nato a Bobbio nel 1939 Marco Bellocchio, il quale riprende i temi d'esordio nel film vincitore del Leone d'oro al Festival di Venezia, “La Cina è Vicina”. Satirica e graffiante, la pellicola non risparmia nessuna cattiveria contro la realtà provinciale che tanto è ostile al regista emiliano.

 

Bellocchio oltre ai film di finzione ha avuto approcci con cortometraggi, film a episodi e documentari. Un esperimento a parte è indubbiamente “Il gabbiano”, uno scambio tra cinema e teatro che mostra la tragedia del nuovo soppresso dal vecchio.

 

Nel panorama bellocchiano i capolavori amati dalla stampa e dai cinefili sono il grottesco “Nel nome del Padre” e il provocatorio “L'ora di religione”. Nel primo lo spazio chiuso del collegio è il riflesso della crisi sociale di un Paese diviso e impaurito dove i giovani borghesi vogliono la rivoluzione usando le stesse armi dei loro padri che tanto contestano. Nel secondo tornano alcuni temi cari al regista tra cui la religione e i rapporti familiari non sempre facili. In modo diretto l'autore denuncia la decadente istituzione della Chiesa che nata dal fallimento di determinati ideali abbraccia quelli opposti per sopravvivere.

 

Speculare a quest'ultima opera del regista si trova l'inquietante “Buongiorno, notte”: un film politico e riflessivo che analizza l'ideale nella sua trasformazione dogmatica. Non vi è nessun dubbio o incertezza, ma solo una cieca follia vendicativa e rivoluzionaria che urlava nelle strade “L'immaginazione al potere”. Un'inventiva che non si è mai manifestata, così come quella libertà che ha smesso di esistere con la morte di uno dei simboli, catarsi di una generazione che ha vissuto sulla propria pelle gli anni di piombo.

 

Nel nuovo millennio Bellocchio torna a Venezia con “La bella addormentata”, un affresco corale dove tutti sono in cerca d'aiuto. Il film tratta un tema spinoso e d'attualità, quello dell'eutanasia, dove a dormire è un'Italia che tra una contraddizione e l'altra sogna il confine fugace che separa la morte dall'amore.

 

 

 

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Von Chanelly

Manifesto 0, 11 novembre 2016

 

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