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Dal genere noir al poliziesco all'italiana la metamorfosi incontrò vasti passaggi. Alla cause naturali del cambiamento date dagli espedienti di alcuni registi, si aggiungono anche alcuni episodi cinematografici (negli USA vennero prodotti film come ISPETTORE CALLAGHAN IL CASO SKORPIO E' TUO e IL BRACCIO VIOLENTO DELLA LEGGE) o esempi provenienti da altri ambiti (nel 1959 andò in onda “Giallo Club”, nel 1962 nacque il fumetto “Diabolik” e nel 1966 venne pubblicato “Venere privata”, primo libro di Scerbanenco il quale, oltre a ciò che già aveva scritto Sciascia, pubblicherà una serie di romanzi gialli che saranno fonte d'ispirazione per diversi registi).

Nei romanzi di Scerbanenco non ci sono né polizia né giustizia né ordine costituito, non ci sono leggi: l'ordine è sociale, una sorta di sogno, un'illusione.

 

Fernando Di Leo si può considerare uno dei massimi esponenti di questo genere, indimenticabile e di assoluta importanza fu MILANO CALIBRO 9 (1972), il cui “preludio” rimane forte nella memoria collettiva di chi l'ha visto come la scena finale, inizialmente censurata nella quale Mario Adorf sbatte ripetutamente la testa del nemico sullo spigolo di un mobile. Opere minori ma da guardare assolutamente sono LA MALA ORDINA (1972) la cui scena di Mario Adorf aggrappato al furgone è semplicemente un colpo di genio dal punto di vista tecnico ed emotivo e IL BOSS (1973) dai toni cupi

sottolineati da alcuni aspetti tecnici che crearono dei veri problemi legali. I tre titoli vanno a formare la trilogia del milieu. Di Leo tra il genere poliziottesco e il noir riuscì a descrivere la malavita milanese con toni brutali e cupi.

La nascita del poliziesco all'italiana avvenne con LA POLIZIA RINGRAZIA (Stefano Vanzina, 1972) che riprendendo i film-denuncia di Damiano Damiani, Elio Petri e Francesco Rosi anticipò purtroppo molti fatti veri di cronaca nera che sarebbero successi da lì a qualche anno. Inoltre ebbe il coraggio di parlare di un argomento tabù di quegli anni il terrorismo. Il genere comportò una riduzione del pubblico popolare. Erano storie che raccontavano di grandi esplosioni di delinquenza metropolitana tipica degli anni '70 e amplificata in modo ossessivo dai media.

 

Erano film ambientati nelle grandi città italiane Milano, Roma, Napoli, Torino dove i protagonisti erano o poliziotti spietati dai modi duri che ricordano immancabilmente Calabresi, poliziotti dalle mani legate e affettivamente solitari o semplici cittadini che si vogliono vendicare da soli, conseguenza dell'inefficacia della legge.

Al primo gruppo appartengono MILANO ODIA LA POLIZIA NON PUO' SPARARE (Umberto Lenzi, 1974) uno dei più violenti fatti all'epoca con una stravolgente prova attoriale di Tomas Milian (aiutato da alcolici e stupefacenti) e che vide Henry Sylva per la prima volta nel ruolo del buono, LA POLIZIA HA LE MANI LEGATE (Luciano Ercoli, 1975), NAPOLI VIOLENTA (Umberto Lenzi, 1976) da vedere per alcune scene d'azione e inseguimenti sensazionali, LA POLIZIA STA A GUARDARE (Roberto Infascelli, 1973) la cui sequenza finale dell'inseguimento è davvero una piccola chicca, LA POLIZIA E' AL SERVIZIO DEL

CITTADINO? (Romolo Guerrieri, 1973), LA POLIZIA INCRIMINA LA LEGGE ASSOLVE (Enzo G. Castellari, 1973) la cui colonna sonora è diventata una delle più famose del genere e IL GRANDE RACKET (Enzo G. Castellari, 1976).

Al secondo gruppo appartengono IL CITTADINO SI RIBELLA (Enzo G. Castellari, 1974) e il drammatico LA CITTA' SCONVOLTA: CACCIA SPIETATA AI RAPITORI (Fernando Di Leo, 1975) incentrato sui sequestri di persona che all'epoca andavano parecchio.

 

I protagonisti del genere furono indubbiamente gli attori che incarnavano poliziotti e cittadini, da Franco Nero a Luc Merenda, da Gastone Moschin a Tomas Milian, da Enrico Maria Salerno a Henry Sylva, ma la vera icona di questo genere fu Maurizio Merli che ricordiamo in ROMA A MANO ARMATA (1976) che consacrò Lenzi come specialista del genere grazie all'impianto narrativo del film e alle molte spettacolari scene d'azione, nei svariati film diretti da Stelvio Massi e soprattutto nel suo film d'esordio ROMA VIOLENTA (Franco Martinelli, 1975), uno dei successi più grandi della stagione italiana proprio grazie alla sua interpretazione e a quei baffi caratteristici divenendo così un marchio di fabbrica che ancora oggi la gente adora. Un regista che realizzò dei film che si staccavano leggermente dalla massa fu Sergio Martino in casi come LA POLIZIA ACCUSA, IL SERVIZIO SEGRETO UCCIDE (1975) che tratta il tema dei “poteri deviati” che all'epoca era poco conosciuto tra i cittadini e MILANO TREMA LA POLIZIA VUOLE GIUSTIZIA (1973) che non critica solo il sistema giudiziario, ma è un affresco di una Milano criminale appena uscita dai botti del '68 e che si avvia verso gli anni di piombo.

 

Casi a parte furono FANGO BOLLENTE (Vittorio Salerno, 1975) una severissima

analisi psicologica dei personaggi dove il protagonista è un semplice uomo

senza morale che commette crimini gratuiti solo come sfogo delle sue

frustrazioni e in assoluto CANI ARRABBIATI (Mario Bava, 1974) che per meglio

dire è un thriller claustrofobico che si inoltra nella psicologia umana dal finale

imprevedibile. A volte capita di incontrare criminali che non appartengano alla

mala, ma sono solo dei giovani di ricca famiglia, come nel caso de I RAGAZZI

DELLA ROMA VIOLENTA (Renato Savino, 1976) che inizia come un film-inchiesta

per evolversi nel genere poliziottesco che a differenza degli altri ha un cast poco

conosciuto e quello de LIBERI ARMATI PERICOLOSI (Romolo Guerrieri, 1976).

 

 

Si sviluppò anche il sottofilone delle squadre speciali il cui capostipite fu QUELLI DELLA CALIBRO 38 (Massimo Dallamano, 1976). L'esempio più importante di questo filone fu UOMINI SI NASCE POLIZIOTTI SI MUORE (Ruggero Deodato, 1976) dal quale c'è d'aspettarsi scene estremamente cruente, il cui inseguimento iniziale tra moto è difficile da dimenticare.

 

Affini a questo filone erano le pellicole incentrate sui poliziotti infiltrati nella malavita come SI PUO' ESSERE PIU' BASTARDI DELL'ISPETTORE CLIFF (Massimo Dellamano, 1973), PRONTO A UCCIDERE (Franco Prosperi, 1976) e 4 MINUTI PER 4 MILIARDI (Gianni Siragusa, 1976). Tra le tante forme che assunse il poliziottesco c'erano film che subirono l'influenza del cinema noir

francese come TONY ARZENTA – BIG GUNS (Duccio Tessari, 1973) che venne girato anche all'estero e chi punta direttamente alla coproduzione e gira in loco come nel caso di AFYON OPPIO (Ferdinando Baldi, 1972). Qualcuno provò anche a unire il poliziottesco alla sceneggiata napoletana come nel grottesco IL MAMMASANTISSIMA (Alfonso Brescia, 1979).

 

Poi come per il peplum e lo spaghetti western il decadimento fu inevitabile: i prodotti furono low-budget, finanziati da case di produzione comete messe su in fretta e furia, distribuiti a livello regionale nelle sale di seconda e terza visione, LA BANDA  VALLANZASCA (Mario Bianchi, 1977) ne è un esempio. Si cadde talmente in basso che si arrivò fino all'ironia e all'autocitazione, i registi già coscienti da tempo di questa decadenza si burlarono dei polizieschi all'italiana all'interno dei propri film, l'esempio più forte probabilmente rimane IL TRUCIDO E LO SBIRRO (Umberto Lenzi, 1976) che diede vita al personaggio di "Er Monnezza" (Thomas Milian), insieme a COLPO IN CANNA (Fernando Di Leo, 1975) dove l'unica cosa che appare interessante è il ruolo di Ursula Andress che si comporta come un uomo senza perdere la propria sensualità

femminile. Altro elemento da non ignorare fu il fatto che la tv già negli anni '80 si era appropriata di questi argomenti e li aveva utilizzati all'interno delle fiction, dei programmi e delle serie tv. La brusca scomparsa dei poliziotteschi (insieme ad altri generi) dagli schermi cinematografici nei primi anni '80 ha come inevitabile conseguenza la morte del cinema popolare italiano.

Redazione

Manifesto 0, 2012

 

POLIZIOTTESCO O POLIZIESCO ALL'ITALIANA

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