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Documentarista, Visual Artist, Fotografo italiano

 

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Alessandro Tesei

Il Documentario...una scelta espressiva obbligata per me.

 

"La realtà è il tutto, e raccontarlo con la fiction significa raccontare se stessi attraverso la realtà, è un lavoro egoistico, senza accezioni negative. Il documentario è l'opposto, si racconta la realtà usando noi stessi come filtri. E fare il filtro significa sacrificare il nostro ego e rendere mutabile la nostra volontà per adattarla a ciò che ci viene messo innanzi.

 

Lo sguardo sul sociale è anche esso una necessità personale: uno slancio eroico, raccontando le

storie delle vittime del sistema malato in cui viviamo. Uno dei temi che più mi affascinano è quello

dell'inquinamento radioattivo." Sottolinea Alessandro Tesei, documentarista italiano che dopo

 l'incidente di Fukushima è andato in Giappone due volte per realizzare un lungo e un corto che

hanno riscosso successo a diversi festival internazionali. Successivamente ha compiuto anche un

viaggio in Russia in una delle zone più colpite dalle esplosioni nucleari. 

 

"Fukushame è stato un figlio voluto. Nasce da una forte volontà e da un lungo percorso personale.

La radioattività è un qualcosa che sfugge, la sua comprensione è estremamente difficile, e così era

per me. Mi chiedevo come mai fosse talmente complicato trovare informazioni non contraddittorie

su questo fenomeno e decisi di saperne di più.

Da lì si è aperto un mondo fatto di segreti inconfessabili e di condotte criminali che va avanti da

decenni, partendo dagli incidenti di Mayak, che racconto nel mio ultimo lavoro Behind the Urals –

The Nightmare before Chernobyl."

 

Ciò che realizza con le sue documentazioni è un esempio di reportage atipico per la corrente che

è in voga ora, dove le notizie passano veloci senza approfondimento e molto spesso ciò che arriva

agli spettatori è una mezza verità tra tanta confusione. Invece in opere come le sue c'è

l'approfondimento, il prima e (soprattutto) il dopo della notizia bomba che aiuta a comprendere il

tempo e il luogo che si sta vivendo in quella condizione. "Il giornalismo di oggi, toccata e fuga,

basato sui cicli televisivi e legato allo share, è un po' come il fast food: mangi e vai. Magari ciò che mangi è pieno di salse ed è gustoso, ma di certo non è il miglior cibo che puoi trovare in giro. Il documentario è altro, ha in sé la cura del piatto cucinato a dovere e con sapienza e il gusto meno artificiale e più delicato degli ingredienti genuini. Lo devi assaporare e consumare con calma, regalandogli il giusto tempo."

 

 

Tempo e denaro, due fattori essenziali per lo svolgimento di progetti del genere che però lungo il percorso trovano spesso molte difficoltà.

"Il punto dolente è sempre il budget, e il riuscire a trovare finanziamenti. Il finanziamento pubblico per i documentari in ambito nazionale è forse un decimo rispetto a quello per prodotti di fiction, e accedervi è estremamente difficile, anche perchè bisogna rispettare determinati requisiti che i registi indipendenti e le piccole case di produzione non posseggono. In ambito regionale, può sembrare scontato e banale, ma si formano dei circuiti di favoritismi che premiano più o meno sempre gli stessi, spesso per giochi di simpatie personali o politiche. Quindi restano i privati.

 

Per Fukushame ho investito inizialmente in prima persona, e solo dopo il mio rientro da quasi due mesi in Giappone ho trovato, anzi, sono stato trovato, da una produzione che ha portato avanti l'editing e la chiusura del prodotto.

Purtroppo affidarsi ai privati può essere deleterio, dipende da chi si incontra. Non sempre c'è reale interesse nel tema trattato e fiducia nella tua visione, e l'egoismo e le vanità personali possono portare a progetti bloccati o addirittura rubati.

 

Per Behind the Urals è andata diversamente. Il progetto è stato voluto e coperto nei suoi costi vivi dall'associazione di volontariato Mondo in Cammino, mentre io, Pierpaolo Mittica e Michele Marcolin, autori dell'opera, abbiamo fornito il nostro operato come volontari."

 

 

Si parla del recente passato, ma anche del futuro, perché Tesei ha iniziato un

documentario da circa un anno e mezzo, insieme al giornalista romeno Andi

Radiu, ambientato in Romania che esplora la società odierna, il dramma della

diaspora e la ricerca dell'ultimo vampiro. 

In contemporanea sta portando avanti con Pierpaolo Mittica e Michele Marcolin,

il progetto “Living Toxic”, una serie televisiva che ripercorre i luoghi più inquinati

del pianeta, dove si racconteranno le storie delle persone che vivono nei territori

contaminati. 

Infine c' è "Ubix", una serie televisiva sull'esplorazione urbana, che è co-prodotta

con la White Frame Film e la Subway Lab, due realtà marchigiane.

 

 

A parte l'ultimo progetto, gli altri necessitano di finanziamenti che ancora sono in corso. I problemi però non sono solo produttivi, ma anche distributivi come spiega Tesei: "Il documentario all'estero, soprattutto in USA, è visto in un altro modo, ha una dignità ed è quasi equiparato alla fiction. In Italia un documentario va difficilmente in sala, perchè non fa pubblico. L'ho testato sulla mia pelle con “Fukushame”, spettacoli con pochi spettatori, nonostante parlasse di un tema che all'epoca destava ancora un certo interesse.

Con Distribuzioni al Basso ho in distribuzione il mio documentario cortometraggio Fukushima no Daimyo, e credo che sia un ottimo sistema, aldilà delle difficoltà comunicative e l'impossibilità di scontrarsi con una macchina pubblicitaria che fagocita ancora tutto, impedendo alle realtà orizzontali di venire a galla. Ma sono fiducioso, è solo questione di tempo."

 

 

 

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