Il bisogno di riflettere sugli umori, sui fermenti e sui problemi della società civile portò
il cinema d'impegno politico a posizionarsi affianco al cinema noir e poliziottesco, un
cinema che spesso scatenò il dissenso da parte della politica e delle diverse istituzioni.
Elio Petri diede un grande contributo con la trilogia della nevrosi che inizia con
INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO (1970) un film che rischiò
la non uscita in sala a causa degli avvenimenti politico/sociali appena successi, un film
crudo ma poetico grazie ai molti riferimenti culturali e artistici, prosegue con LA CLASSE
OPERAIA VA IN PARADISO (1971) critica su tutto ciò che riguarda il mondo del lavoro,
dagli operai che lavorano in fabbrica ai dirigenti, e le lotte di gruppo, dai sindacati ai
movimenti studenteschi, e termina con LA PROPRIETA' NON E' PIU' UN FURTO (1973) un
film atipico che invece di criticare e disprezzare, prova invidia. Si aggiunsero il grottesco
TODO MODO (1976) una critica aperta al potere della democrazia italiana: il presidente
è la caricatura implicita di Aldo Moro e l'ironico giallo A CIASCUNO IL SUO (1967). Molti di questi film vedevano la presenza dell'attore Gian Maria Volontè che divenne, grazie alle sue profonde interpretazioni, il simbolo del cinema d'impegno politico italiano degli anni '70.
Francesco Rosi iniziò col film-inchiesta SALVATORE GIULIANO (1962) che fa parte di quel periodo che diede una spinta decisiva alla sua carriera e che confermò il suo stile incentrato su denunce che non passavano indifferenti, critiche che fanno venire ancora oggi i brividi, un pugno nello stomaco, un regista che non usava la morale, ma la pura verità, per quanto scomoda fosse. La pellicola LA MANI SULLA CITTA' (1963) inizia con una didascalia “I personaggi sono immaginari, ma autentica è la realtà che li produce”, una frase che gli permise di coinvolgere i brutti ceffi e di denunciare una scorretta realtà senza troppi problemi (anche se questo ultimo fatto non è completamente vero). Il film trae la propria storia da un fatto di cronaca nera di allora e riesce senza mezzi termini ad essere un'accusa politica e civile. In particolare quello che colpisce e fa paura è che il film è maledettamente attuale: dispute all'interno dello stesso partito, corruzioni, soldi, speculazioni, potere, inefficacia degli uffici, nessuno che può far niente e alla fine quelli che pagano sono i cittadini. Altre importanti pellicole furono UOMINI CONTRO (1970) di chiara impronta pacifista a causa del quale venne denunciato per vilipendio dell'esercito, CADAVERI ECCELLENTI (1976) che denuncia varie problematiche degli anni di piombo, LUCKY LUCIANO (1973) incentrato sulla vera storia del boss mafioso che viveva a New York e venne rispedito in Italia, IL CASO MATTEI (1972) un giallo politico che unì la
ricostruzione documentaristica alla cronaca, intrecciando tra loro informazioni da diverse fonti e diversi punti di vista, senza formulare giudizi ma limitandosi a far pensare: le macchine blu, lo sfruttamento delle ricchezze dei Paesi meno sviluppati, i giornali pagati dai politici, i grandi uomini che pagano le conseguenze dell'imbecillità degli uomini più stupidi, tutte cose maledettamente attuali.
Damiano Damiani fu un autore indispensabile allo sviluppo di questo genere: con IO HO PAURA
(1977) ci si rende conto che alcuni uomini per i propri ideali vengono presi di mira perché ritenuti
scomodi da qualcuno che non ci mette tanto a eliminarli; con CONFESSIONE DI UN COMMISSARIO
DI POLIZIA AL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA (1971) regala una visione sincera di quello che
può succedere all'interno dell'organo di giustizia, tra inganni, bugie, atti, ideologie, sospetti, tutti
possono essere i buoni così come i cattivi, riportare la pace secondo la legge o giocare allo stesso
livello, seppur non consentito, dei nemici; L'ISTRUTTORIA E' CHIUSA: DIMENTICHI (1971) è invece
un febbrile dramma carcerario e GIROLIMONI IL MOSTRO DI ROMA (1972) riesce ad unire la
commedia al drammatico basando la storia su vicende realmente accadute.
Gillo Pontecorvo con il thriller politico LA BATTAGLIA DI ALGERI (1966) che ha acquisito il valore di un'opera di testimonianza e di rivisitazione dei fatti storici contemporanei andatasi a formare probabilmente grazie all'esperienza documentaristica dello stesso regista. Giuliano Montaldo con il graffiante, cinico, brutale, veritiero SACCO E VANZETTI (1971) che racconta con una buone dose di ingiustizia e pregiudizio da parte dei personaggi la vera storia dei due anarchici emigrati italiani rivisitando gli accaduti dando la giusta versione agli avvenimenti, la cui canzone finale divenne un inno generazionale. Mauro Bolognini con IMPUTAZIONE DI OMICIDIO PER UNO STUDENTE (1972), METELLO (1970), FATTI DI GENTE PER BENE (1974) tratto da un fatto di cronaca degli inizi del '900, LIBERA
AMORE MIO (1973) talmente scomodo da avere destra e sinistra contro. Massimo Pirri con ITALIA ULTIMO ATTO? (1977) uno dei pochi esempi di fantapolitico italiano e Citto Maselli con IL SOSPETTO (1970) e LETTERA APERTA A UN GIORNALE DELLA SERA (1975).
Casi unici furono il biografico CORBARI (Valerio Orsini, 1970), la docufiction IL SASSO IN
BOCCA (Giuseppe Ferrara, 1969) che mostra come le istituzioni non lottino per
combattere la mafia, né in Italia né negli Stati Uniti, DETENUTO IN ATTESA DI GIUDIZIO
(Nanni Loy,1971) che accanto alle bellezze italiane fa notare le tante brutture del nostro
Paese che risulta così bello solo apparentemente, IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
(Dino Risi, 1971) che denuncia il potere di cui i magistrati hanno a disposizione, SBATTI IL
MOSTRO IN PRIMA PAGINA (Marco Bellocchio, 1972), un film che si stacca per quanto
riguarda la struttura narrativa dello stile bellocchiano. Ha una struttura da giallo, un
giallo politico che divide la sua narrazione in una doppia indagine: da un lato abbiamo la
polizia che fa arrestare un colpevole che è solo apparente, dall'altro abbiamo Roveda
che scopre e cerca di incriminare il vero colpevole. I due fronti seguono strade diverse,
non si incontrano mai ed è come se si formassero due storie, come se il finale fosse doppio. La narrazione si allenta progressivamente, man mano che i personaggi entrano in scena e quando avviene un cambio di prospettiva. Un mockumentary che si divide tra cronaca politica e narrazione metaforica. E' facile intuire come questo film sia una denuncia contro l'istituzione giornalistica, tutte le sue servitù, le tecniche di manipolazione delle notizie, come essa sia in stretto contatto con politica e forze dell'ordine. Si aggiunsero alla lista due film di Carlo Lizzani IL GOBBO (1960) e TORINO NERA (1972) a metà tra il poliziottesco e il giallo, LA BANDA CASAROLI (Florestano Vancini,1962), LA BELVA COL MITRA (Sergio Grieco, 1977) e la miniserie LA PIOVRA (Damiano Damiani, 1984).
Redazione
Manifesto 0, 2012
CINEMA D'IMPEGNO POLITICO
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