Il macro boom del cinema italiano: un periodo che ha scatenato non poche polemiche. Scelte politiche, commerciali, film e autori che hanno diviso pubblico e critica per decenni. Un fenomeno che è arrivato alla massa internazionale che ha dato vita a una serie di icone rimaste nell'immaginario collettivo. Un'industria che però all'epoca non fu capita: solo in seguito fu analizzata, anche se a oggi, al di fuori degli appassionati, molte cose si sono perse. Basti pensare al riciclaggio di idee presenti in molti film commerciali stranieri degli ultimi anni osannati specialmente dal pubblico medio. Infatti quelle stesse idee si possono trovare in molte pellicole di genere italiane del tempo che le hanno rese dei veri e propri cult.
All'epoca però, al di là del pubblico, fu soprattutto la critica ad avere una forte ostinazione nel
considerare il cinema popolare come qualcosa di frivolo: non riuscì a capire il momento storico,
la ricchezza contenuta in quei film che per la maggior parte erano fatti male, ma non è possibile
trascurare alcune eccezioni dal punto di vista tecnico, sociale, politico. Alcuni film segnarono la
storia del cinema italiano perché portarono qualcosa di nuovo che permise al cinema di
svilupparsi. Altri contenevano la capacità di denunciare in modo tagliente l'attualità, riuscivano
a parlare al pubblico medio tramite l'intrattenimento. Si pensi anche agli albori del cinema
nostrano dove ci fu un progetto di educazione alla cultura tramite il cinema. Oggi invece
nonostante la condivisione sia stata semplificata non si riesce a comunicare in nessun modo
con il pubblico, né con il cinema d'autore né con il cinema commerciale: continua, infatti, a
persistere un'incomprensibilità di fondo che rallenta lo sviluppo del nostro cinema.
La critica italiana nel corso della storia ha sempre avuto un ruolo determinante, ma allo stesso
tempo poco significativo. Un film poteva essere stroncato solo dall'opinione negativa di qualche
penna o poteva essere ritenuto un capolavoro, ma pochi intellettuali hanno saputo guardare
con profondità i film per quello che avevano da dire. Il lavoro del critico non è un lavoro facile,
ma spesso e volentieri scade nell'ignoranza individuale.
La critica prima di diventare tale dovrà aspettare gli anni '30: fino a quel decennio chi criticava un film era un letterario, un intellettuale, una persona colta ma privo delle conoscenze adatte per analizzare veramente un film come Benedetto Croce o Ricciotto Canudo che diede un contributo enorme non tanto per le analisi dei film quanto per la scrittura di pagine teoriche, che risultarono fondamentali per la nascita del pensiero cinematografico. Agli albori la critica ebbe una funzione più tecnica che critica, infatti essa informava le persone delle conquiste scientifiche e tecnologiche del nuovo mezzo su periodici di fotografia e solo in seguito, con la nascita della prima casa di produzione, arrivarono le riviste cinematografiche specializzate tipo “Il Tirso” del 1904. Nel 1908 e nel 1909 nascono rispettivamente
due nuove riviste “La Cinematografia Italiana” e “La Cine-Fono”, una delle più importanti riviste cinematografiche sul cinema muto.
Contemporaneamente ad esse nacquero altre due riviste importanti: “Apollon”, la prima rivista di vero cinema dove venivano affrontati i problemi dell'estetica cinematografica e “Penombra” dove invece si avrà la nuova generazione di critici. Infatti la figura del critico iniziò a svilupparsi già negli anni '20 ma professionalmente venne consacrata negli anni '30.
Se oggi il cinema italiano sta soffrendo è a causa di una profonda mancanza di informazione: il pubblico, i cinefili non sono informati del vero cinema italiano, quello indipendente e underground. Come diceva Guido Aristarco “i critici perdono il loro tempo in critiche inutili”: oggi si analizzano film d'autore che d'autore hanno ben poco e commedie che sono una la fotocopia dell'altra dove non c'è nessuna cosa da analizzare se non la superficialità di chi li segue. Giornali, riviste diventano futili in confronto al lavoro che fanno molti siti web dedicati al cinema italiano, i quali compiono un vero processo di analisi di film nascosti e che contengono il futuro del nostro cinema. Sorge spontanea una domanda che riguarda chi tiene i fili di questa informazione: perché il cinema italiano di qualità viene continuamente ignorato e si elogia la parte più scarna delle nostre produzioni? C'è da chiedersi se i critici non riescano per davvero a non comprendere la situazione del cinema nostrano o se la loro è cultura o solo buona dialettica.
Redazione
Manifesto 0, 2012
SIGNORA CRITICA
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