LA COMMEDIA ALL'ITALIANA
Il cinema comico e la commedia stavano imboccando una strada che del tutto comica non
era più. Nacque alla fine degli anni '50 un genere nuovo che poteva rientrare al contempo
sia nelle storie del cinema comico che in quelle del cinema drammatico: la Commedia
all'Italiana. Un genere in cui non c'è quasi mai un lieto fine, il riso è amaro e persiste il
riferimento alla società contemporanea, una società dei costumi.
I capolavori avvengono tra il '58 e il '64, quella banda di tempo che viene identificata come
il micro boom del cinema italiano. Il successo di questo genere avvenne grazie al fatto che
fra tutti i generi era quello che riusciva a rappresentare al meglio gli umori dell'epoca, con
personaggi che volevano fare delle cose che erano più grandi di loro, storie che facevano
ridere ma che sotto celavano una realtà molto triste, la realtà dell'Italia di allora che non
era più la stessa del decennio precedente e che continuava a cambiare giorno dopo
giorno. Fu importante anche perché è uno di quei pochi esempi in cui il cinema d'autore
si incontra con il cinema popolare, anche se per questo concetto bisognerà aspettare i
critici che verranno più tardi, dato che all'epoca il genere fu visto come qualcosa di frivolo.
I principali esponenti del genere furono Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Age e Scarpelli (che posero più di tutti una grande attenzione sui dialetti e sui modi di parlare), Susi Cecchi D'amico, Ruggero Maccari, Rodolfo Sonego, Luigi Comencini, Pietro Germi, Nanny Loy, Dino Risi, il sottovalutato Luciano Salce, Mario Monicelli che fra tutti è considerato l'autore più universale della commedia all'italiana. Il genere si inaugurò proprio con I SOLITI IGNOTI (Mario Monicelli, 1958) che abbandona i vecchi canoni della commedia per inserire una comicità nuova che non si basa più sull'avanspettacolo, sui Cafè Chantant e il varietà ma che si sviluppa su situazioni sociali che la gente vive ogni giorno in prima persona, una comicità usata non solo per far ridere o per parodiare un determinato genere di film, ma per raccontare, raccontare una realtà che detta in altri
modi sarebbe stata neorealista. Cessò la maschera e il riso divenne più costruito, non ci si basò più solo su gag o giochi di parola, Monicelli si rifece alla commedia dell'arte in quanto, spiegherà più avanti, la morte è un fattore della vita, è brutto ma non può non essere preso in considerazione. Il capolavoro tragicomico LA GRANDE GUERRA (Mario Monicelli, 1959) fu l'unico dei pochi esempi di film storici sulla classe operaia italiana che riprendeva la narrativa storico popolare. Da una parte i toni e il linguaggio neorealista, dall'altra la commedia all'italiana, il tutto ambientato in una perfetta ricostruzione storica. Una ricostruzione che diede modo di vedere le cose per come stavano, senza alcuna influenza propagandistica del governo fascista. Fu grazie a questo film che Monicelli diede modo di dimostrare il suo talento e finalmente venne preso in considerazione seriamente da una buona parte della critica.
Redazione
Manifesto 0, 2012
Collaborazioni:
Se anche tu vuoi collaborare con Manifesto 0 o chiedere la pubblicazione di un qualsiasi contenuto inerente scrivici a Emme0Mzero@gmail.com
Tag più frequenti:
© 2012 - 2017 by Manifesto Ø