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IL NEOREALISMO E I SUOI AUTORI (parte 2)

Si affermarono in giro di pochi anni altri registi come Alberto Lattuada, Luigi Zampa, Renato Castellani, Francesco De Robertis, Carlo Lizzani e Mario Monicelli che se pur famoso per le sue commedie all'italiana scrisse e diresse in coppia con Steno uno dei più importanti capisaldi del cinema neorealista: GUARDIE E LADRI (1953).

Per la prima volta dopo anni di lavoro e di degrado da parte della critica, la coppia Monicelli - Steno viene finalmente valutata per quello che è veramente, riconoscendo il loro talento e il loro smalto per la commedia brillante. E' la forza di questa coppia che ha dato vita a molti film italiani indimenticabili, al di là di chi possa essere il vero regista, se Monicelli o Steno, il fatto resta che il merito è di entrambi, è un lavoro unito, quattro mani, una mente geniale. In fondo la storia del cinema insegna che l'importante non è sapere a chi appartiene un'opera, ma cosa l'opera stessa insegna, la sua forza tecnica o simbolica, quando si vede un

film non è tanto il nome del regista che rimane, ma la carica emotiva, la forza vitale che un film ha. Senza contare che il progetto inizialmente fu di Zampa ma per alcuni motivi lo dovette abbandonare. Alla sceneggiatura ci lavorarono anche Ruggero Maccari, Vitaliano Brancati, Ennio Flaiano e lo stesso Aldo Fabrizi. Un capolavoro che nasce da tutte queste teste e cresce nella sua bellezza estetica grazie alla fotografia di Mario Bava, già presente in VITA DA CANI (Mario Monicelli, Steno, 1950), un piccolo capolavoro di comicità e di lacrime, un film sull'avanspettacolo dai tratti affettuosi ma anche graffianti e cinici, una splendida commedia dolceamara dal finale malinconico, che ha in comune la presenza di Aldo Fabrizi. Il film cresce di meraviglia grazie anche alle musiche di Alessandro Cicognini che fu uno dei compositori più importanti del Neorealismo e alle grandi interpretazioni del cast principale formato dalla coppia della farsa italiana Aldo Fabrizi - Totò, una coppia lanciata proprio grazie a questo film. Al di  là dei fatti burocratici la pellicola è riconosciuta come un capolavoro tra il comico e il sentimentale, un film che è difficile dimenticare, grazie a due attori spettacolari che interpretano due parti contrastanti che nella vita reale mai avrebbero avuto la stessa umanità che invece qui hanno. C'è chi scappa e chi acciuffa e fra le risate continue, in sottofondo il dramma rimane, ed era proprio questo l'asso vincente di Monicelli-Steno, questa capacità di raccontare storie, storie vere, forse in una forma un po' surreale, ma che in fondo avevano un cuore, un sapore amaro rivestito di una comicità che non tornerà più.

 

Non tutti finirono per girare film totalmente neorealisti ma molti di essi ebbero uno sviluppo adiacente alla corrente. Lattuada realizzò due opere minori del Neorealismo IL BANDITO (1946) e SENZA PIETA' (1948) per arrivare al suo capolavoro IL CAPPOTTO (1952) che riportò sugli schermi italiani il cinema fantastico, il quale era stato soppresso durante i due decenni precedenti. Un film che ha ancora le influenze del Neorealismo ma che sa uscire da esso percorrendo nuove strade, un film che tocca la commedia e il dramma ma che mantiene i suoi toni fantastici, specialmente nell'ultima parte del film. Lattuada fu un regista che seppe affrontare diversi generi, Cesare Zavattini fu lo sceneggiatore più importante della corrente artistica, non c'è da stupirsi se i due riuscirono a confezionare un film simile. Un capolavoro che sa toccare il cuore, una storia triste ma con un'umanità che rare volte si è vista al cinema, una storia che sa essere anche una tagliente denuncia, perché no attuale, di una politica che pensa ad abbellire la propria immagine (“deve essere tutto perfetto per l'arrivo del santo padre”) e non si degna di capire i veri problemi dei propri cittadini (i due compassionevoli e quasi comici pensionanti che continuano a chiedere una pensione più alta, “so' stato in guerra, sa”). Il film nel suo misto di commedia e dramma sociale riesce ad essere molto surreale e gotico, una specie di horror gotico con accenni al surreale fiabesco. Il film venne ritenuto per lungo tempo un film di serie B, così come il filone di cui è parte.

Pasquini in un'intervista recente ricorda che nemmeno con Dario Argento questi filoni o sottogeneri vennero presi seriamente, bisognerà aspettare veramente i decenni successivi perché essi vengano rivalutati. Si era tentato di sperimentare, di aprire le porte ancora sigillate di questo genere ma fu stroncato in breve tempo e sfortunatamente ancora oggi come già detto in precedenza il genere anche se sperimentato da qualcuno in Italia rimane una realtà underground.

 

Luigi Zampa con ANNI DIFFICILI (1948) rischiò parecchie denunce più il possibile sequestro dell'opera in quanto essa apparve per molti dirigenti e politici un'indiretta denuncia contro le loro figure e i loro atti pubblici. Lo stesso senso critico e lo stesso coraggio ad affrontare storie e temi pericolosi lo ebbe con PROCESSO ALLA CITTA' (1952) che tratta del primo processo fatto alla mafia, dei legami tra istituzione statale e quella camorristica, un fatto ancora sconosciuto alla massa e che è ancora terribilmente attuale. Castellani come Antonio Pietrangeli e Pietro Germi non fu capito dai suoi contemporanei per l'unico fatto che al suo neorealismo aggiungeva tratti da fotoromanzo e questo secondo la critica di allora era visto come qualcosa di commercialistico, che non poteva di certo competere con le grandi opere puramente neorealiste, in realtà Castellani realizzò una delle opere più drammatiche del Neorealismo SOTTO IL SOLE DI

ROMA (1948). De Robertis con il suo stile inconfondibile e le sue storie marine di cui diverrà lo specialista ci provò con CARICA EROICA (1952) ma più significativo fu FANTASMI DEL MARE (1948) per via del fatto che risultò la prima compiuta riflessione sui tragici eventi dell'8 settembre 1943. Lizzani prima di realizzare il neorealista CRONACHE DI POVERI AMANTI (1954) come primo film realizzò un altro film del movimento artistico, ACHTUNG! BANDITI (1951), considerato il migliore dei suoi film.

 

Un film che merita di essere citato è quel piccolo capolavoro di DON CAMILLO (Julien Duvivier, 1952) che essendo a tutti gli effetti commedia riesce comunque ad avere dei toni neorealisti grazie al magnifico affresco di un'epoca, di una piccola realtà del dopoguerra italiana, un paesino sperduto nella quotidianità dei piccoli gesti e che trova la sua carica nei litigi memorabili tra il prete e il lavoratore politicamente coinvolto nella fazione inversa, un rapporto di odio-amore interrotto dalla geniale trovata del Gesù Cristo parlante.

I film del Neorealismo, al di là dei singoli pregi, portano con sé un immenso valore storico, oltre che artistico, in quanto ci permettono di osservare una realtà del passato, uno spaccato della società italiana del secondo dopoguerra, una specie di documentario che sa coinvolgere con pennellate drammatiche spettatori di ogni tempo e di ogni dove.

 

A segnare la fine del Neorealismo ci fu l'esordio di Michelangelo Antonioni CRONACA D'AMORE (1950) che diede vita a una nuova avventura cinematografica all'insegna di una profonda introspezione psicologica dei personaggi, una commedia sentimentale, vagamente noir, che esplora la complessità dell'essere umano a livello psicologico descrivendo i personaggi in modo dettagliato mostrandoceli come anime inquiete, deluse, lungo un rapporto d'amore che funziona grazie a un assoluto bisogno di liti, di problemi, di pericoli, di minacce.

Il successo che ne derivò portò Castellani a seguire questa strada realizzando così DUE SOLDI DI SPERANZA nel 1952 che inaugurò il filone precedente alla commedia all'italiana, apprezzato abbastanza dalla critica, molto di più dal pubblico: il Neorealismo Rosa.

Redazione

Manifesto 0, 2012

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